Il 27 gennaio 1945 i sovietici entrarono per la prima volta nel campo di concentramento nazista di Auschwitz e videro uno scenario disumano. I nazisti, consapevoli del loro declino, su ordine di Adolf Eichmann e Rudolf Hoss diedero fuoco agli archivi dei loro stermini di massa. Per non dimenticare quell’orrore è stata designata da una risoluzione dell’ONU del 2005, la giornata della memoria.
Quasi tutti i Comuni Italiani organizzano per l’occasione eventi, proiezioni, testimonianze, ecc. Finalmente il Comune di Milano tra il 15 e 17 gennaio 2020 ha posato le prime pietre d’inciampo per non dimenticare.
Adolf Hitler scriveva così nel suo “Mein Kampf”: “Chi non è sano e degno di corpo e di spirito, non ha diritto di perpetuare le sue sofferenze nel corpo del suo bambino. Qui, lo Stato nazionale deve fornire un enorme lavoro educativo, che un giorno apparirà quale un’opera grandiosa, più grandiosa delle più vittoriose guerre della nostra epoca borghese.”
Tutto cominciò da loro, nei lontani (non così tanto) anni Trenta, utilizzati come cavie da laboratorio per testare nuove tecniche di annientamento, sterilizzazione ed eutanasia. Prima toccò ai bambini, poi, con il progetto T4, agli adulti. Quella che è considerata a tutti gli effetti una prova generale del successivo sterminio degli ebrei spezzò, in pochi anni, decine di migliaia di vite.
Oggi 27 gennaio, il nostro contributo alla memoria ricorda tutte le vittime di un progetto di sterminio perpetrato a danno di persone la cui unica colpa era quella di essere ebrei, omosessuali o disabili.
Lo sterminio dei disabili iniziò a pochi mesi dalla presa di potere di Hitler. Il 14 luglio 1933, il Führer emanò la famosa legge sulla sterilizzazione, cui fece seguito, il 18 ottobre 1935, quella sulla salute coniugale, che impediva i matrimoni e la procreazione tra persone disabili, favorendo in questo modo una serie di pratiche abortiste. Da lì, il passo verso l’eutanasia fu breve. Prendendo a pretesto le suppliche di alcuni genitori tedeschi che chiedevano la morte per i propri figli nati disabili, Hitler azionò questo macabro strumento di morte. Era il 1938 e la prima vittima fu il neonato degli Knauer. Il progetto fu pianificato ad arte, con un comitato retto da alcuni medici di fiducia del Führer e un decreto che obbligava ostetriche e dottori a dichiarare allo Stato tutti i bambini nati con specifiche condizioni mediche. Il primo reparto infantile nacque nel 1940 a Brandenburg-Gorden, vicino Berlino. Il provvedimento con cui era stato costituito non faceva ovviamente parola del reale obiettivo dell’istituto e informava gli uffici sanitari che: “sotto esperta supervisione medica, il reparto di psichiatria infantile a Gorden, vicino Brandeburgo sull’Haven, fornirà tutti gli interventi terapeutici disponibili, resi possibili da recenti scoperte scientifiche”. In poco tempo, luoghi come questo proliferarono in tutta la Germania ed in tutti i territori occupati. Trattandosi di un’operazione segreta, le numerose morti non dovevano dare troppo nell’occhio, così ai neonati venivano somministrati farmaci regolarmente utilizzati in qualsiasi struttura sanitaria. Perciò, i bambini venivano uccisi non a causa dell’ingerimento di veleni estranei ma di un’overdose di un farmaco comune. Inoltre, le overdosi non davano luogo ad una morte immediata ma a complicazioni mediche, in particolare la polmonite, che alla fine (di solito nel giro di due o tre giorni) provocavano il decesso. A quel punto i medici potevano constatare una “morte naturale”. I bambini di Gorden e di tutti gli altri reparti infantili furono uccisi perché non potevano avere spazio nel progetto. L’eliminazione dei disabili adulti, invece, mirava a cancellare il passato. “Quelle dei disabili – come disse Hitler nella riunione preparatoria – erano vite indegne di essere vissute”. Nacque, così, il progetto T4, dedicato allo sterminio dei disabili adulti. Alla base del progetto vi era comunque un criterio di ordine economico: secondo gli accurati calcoli di uno statistico del Reich, l’eutanasia dei portatori di handicap adulti avrebbe fatto risparmiare all’erario tedesco quasi 900 milioni di marchi, senza contare il mancato esborso di spese alimentari e di mantenimento. Molti dei soggetti disabili, definiti tali in base ad una sommaria diagnosi psichiatrica, venivano deportati in strutture simili ai centri infantili prima citati e uccisi nelle camere a gas, soluzione definita dai medici tedeschi come “subitanea e meno dolorosa”. Quando, il 24 agosto 1941, pressato dall’opinione pubblica interna, Hitler ordinò la temporanea sospensione delle esecuzioni (ordine che non riguardò i bambini), si calcolò che il progetto T4 avesse fatto più di 70.000 vittime. Gli storici di Norimberga, però, accertarono come questa cifra fosse eccessivamente inferiore ai dati reali perché non teneva in considerazione le innumerevoli morti causate con iniezione letali prima e dopo le uccisioni
Da Ability Channel
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