“Chiediamo il riconoscimento di piena equivalenza tra sedie a rotelle provviste di motorini elettrico e le biciclette elettriche”. È l’appello di Égalité Onlus e Legambiente che chiedono “diritti e non
“Diritti e non pietismo” per favorire la mobilità delle persone con disabilità. Égalité Onlus e Legambiente chiedono al governo italiano di riconoscere l’equivalenza delle sedie a rotelle alle bici elettriche.
«Il motore è lo stesso e l’incapacità delle persone con disabilità a pedalare non può giustificare una discriminazione nei loro confronti. Alla mobilità personale dei disabili non si rinuncia».
I motorini per le sedie a rotelle sono come le bici elettriche
Le barriere architettoniche continuano a impedire la piena autonomia dei cittadini con disabilità. In un’Italia ancora lontana dal garantire la piena inclusione sociale e i diritti delle persone disabili, come impongono anche gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu. Un passo avanti per permettere a chi ha disabilità motorie di avere più autonomia e velocità di spostamento sarebbe dunque quello di equiparare l’uso dei motorini per le sedie a rotelle, che possono essere forniti dalle Asl in alternativa alle carrozzine elettriche, alle biciclette elettriche, aggiornando anche i limiti di velocità fino a 25 km/h.
«I motorini elettrici da collegare alle sedie a rotelle rappresentano oggi una risorsa essenziale per consentire agli oltre 100 mila disabili motori in Italia di muoversi con un apprezzabile livello di autonomia e compensare i deficit di accessibilità dell’ambiente esterno», scrive Dario Dongo sul sito Égalité, spiegando che negli ultimi anni in Italia sono stati consegnati almeno 12 mila motorini elettrici da agganciare alle sedie a rotelle dei disabili, motorini che possono raggiungere velocità variabili fra i 20 e i 48 km/h circa.
Diritti e non pietismo
«Diritti e non pietismo. Chiediamoal Ministero dei Trasporti, al Consiglio dei ministri e al Parlamento della Repubblica Italiana il riconoscimento di piena equivalenza tra sedie a rotelle provviste di motorini elettrici e le biciclette elettriche. Senza rinunciare alla loro qualifica come ‘dispositivi medici’, a tutt’oggi necessaria per ottenerne la fornitura pubblica, chiediamo che i limiti di velocità vengano di conseguenza innalzati a 25 km/h, al pari delle bici elettriche».
L’uso dei motorini elettrici per sedie a rotelle è considerato equivalente alle bici elettriche perché risponde a uno stato di necessità, considerato che gradini, dislivelli, ostacoli e barriere di ogni tipo che si incontrano sulle strade e sui marciapiedi delle città italiane espongono i disabili a situazioni di pericolo e alla necessità di spostarsi molto velocemente. E risponde a un principio di non discriminazione: le persone con disabilità devono poter usare un mezzo equivalente alla bici elettrica.
«Le sedie a rotelle ‘motorizzate’ – spiega ancora Égalité – sono in teoria classificate e fornite ai disabili come ‘dispositivi medici’ riconosciuti ‘equivalenti a carrozzine elettriche’ (per uso interno o esterno, a seconda dei casi). Secondo le norme vigenti, i motorini non dovrebbero però superare una velocità di 6 km/h, dovendosi altrimenti qualificare come ‘veicoli’, ai sensi del Codice della Strada. Anziché favorire la mobilità personale delle persone con disabilità, il legislatore italiano riserva alla generalità degli ‘handicappati’ il solo impiego di carrozzine-lumache, come fossero giocattoli in un mondo di fiaba. E li espone così tra l’altro al pericolo di venire investiti ogni qualvolta, per stato di necessità, debbano muoversi su strada poiché il marciapiede risulti impraticabile».
Disabilità, una lunga strada da fare
Da qui la richiesta delle due associazioni. Che interviene in un campo, quello della disabilità, dove sono tanti gli ostacoli da rimuovere per garantire diritti, autonomia, indipendenza e piena partecipazione. In occasione della Giornata mondiale della disabilità dello scorso 3 dicembre, l’Istat ha diffuso il report “Conoscere la disabilità” che restituisce una visione d’insieme della disabilità in Italia, con i numeri principali che riguardano la salute, l’istruzione, il lavoro, le condizioni economiche, la partecipazione alla vita sociale e culturale.
L’inclusione è un percorso ancora molto lungo.
«Negli ambiti di vita analizzati – si legge nel report dell’Istat – emergono ancora significativi svantaggi delle persone con disabilità rispetto al resto della popolazione, a testimonianza del fatto che gli strumenti messi in campo non hanno ottenuto i risultati attesi, ma hanno solo attenuato le differenze. Ad esempio, le politiche di welfare, attuate in larga parte attraverso trasferimenti monetari, hanno ridotto il rischio di povertà delle famiglie, ma non hanno risolto il problema della deprivazione materiale di cui soffrono le persone con disabilità. Le politiche di inclusione lavorativa sono state ispirate al principio della valorizzazione delle capacità degli individui con disabilità, tuttavia i livelli occupazionali sono ancora molto al di sotto della media nazionale e spesso i lavoratori con disabilità vengono relegati a svolgere mansioni secondarie».
Impressionanti sono poi i numeri sulle situazioni di isolamento fotografati dall’Istat.
«Oltre 600 mila persone con limitazioni gravi vivono in una situazione di grande isolamento, senza alcuna rete su cui poter contare in caso di bisogno; di queste, ben 204 mila vivono completamente sole».
Da Help Consumatori-14 ore fa
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