Villa Borromeo Visconti Litta, villa di delizie in cui arte, storia e divertimento lasciano il visitatore incantato da tanta bellezza per la varietà di mosaici, statue, affreschi, fontane e giochi d’acqua.
Fu il Conte Pirro I Visconti Borromeo – intorno al 1585 – a ideare il complesso ispirandosi alle ville medicee toscane e a trasformare la proprietà di Lainate in un luogo unico, grazie anche alle maestranze d’eccezione quali l’architetto Martino Bassi, gli scultori Francesco Brambilla il Giovane e Marco Antonio Prestinari, i pittori Camillo Procaccini e Pier Francesco Mazzucchelli detto il Morazzone, Agostino Lodola e Giovanni Battista Maestri, detto il Volpino.
Il Conte fece realizzare i giardini e costruire il Palazzo delle Acque, più comunemente conosciuto come Ninfeo. La residenza diventò teatro di grandiose feste e ricevimenti, ma anche importante luogo di incontro per artisti e intellettuali.
Il Ninfeo è luogo di grandissima suggestione e – proprio per la ricchezza di decorazioni e di spettacoli idraulici – è considerato l’esempio più importante e significativo del genere, soprattutto perché – cosa assai rara – funziona, oggi, esattamente come allora, grazie a sofisticati meccanismi idraulici governati da abili fontanieri.
Sorprendere il visitatore, divertendolo, fu l’intento dell’ideatore del complesso, il conte Pirro I Visconti Borromeo, che, nella seconda metà del XVI secolo, ampliò un possedimento, destinato a ‘riposteria’ di prodotti agricoli, iniziandone la trasformazione in villa di rappresentanza. Cultore d’arte, Pirro ridefinì architettura e decorazione del corpo residenziale, impostò il giardino e ideò il Ninfeo, progettato da Martino Bassi e concepito per esporre una collezione di dipinti, sculture e ‘curiosità’, oltre che per ‘animare’ i celebri scherzi d’acqua. Camillo Procaccini, autore dei mosaici dalla particolare tecnica in ciottoli colorati, e il Morazzone, che dipinse – con illusionistico ‘sotto in su’ – il Mercurio dell’atrio d’ingresso, parteciparono alla realizzazione della dimora che divenne presto autentica “villa di delizia”, cornice ideale per feste e ricevimenti, luogo per ospitare scrittori e sovrani di passaggio per Milano.
Fino agli anni ’20 del Settecento la villa mantenne un impianto invariato: sarà Giulio Visconti Borromeo Arese, ultimo erede della dinastia, a costruire il “Quarto nuovo”, a chiusura della corte d’ingresso, con una sala da ballo al piano nobile.
Le facciate del ninfeo furono ‘reinventate’ nella seconda metà del Settecento, per volere del marchese Pompeo Litta, nipote di Giulio, che avviò la sistemazione scenografica del parco, con fontane monumentali, e affidò a Giuseppe Levati, pittore prospettico dell’Accademia di Brera, la decorazione della sala da pranzo, con stucchi e affreschi su volte e pareti.
L’ultimo atto nel disegno del giardino si colloca all’inizio del XIX secolo: l’inserimento, come dettava la “moda” del tempo, di un boschetto paesaggistico, all’inglese, opera di Luigi Canonica.
I primi restauri e la riattivazione dei giochi d’acqua si devono ad Alberto Toselli che rilevò la proprietà nel 1932; è solo, però, in seguito all’acquisto da parte del Comune (1971) e agli interventi di recupero del Ninfeo dopo un lungo periodo di abbandono, che le ‘sorprese’ della villa riprendono a stupire visitatori di ogni età.
L’ingresso alla Villa è costituito da un corpo allungato di rustici su due piani e immette nel cortile d’onore circondato da edifici. Sul lato destro, rustici, un tempo adibiti a servizi (scuderie, abitazioni per i contadini, stalle, ecc.). Sul fondo, la Casa Signorile detta anche “Riposteria”, edificio cinquecentesco a pianta rettangolare, che costituisce il nucleo più antico del complesso. Costruito su due piani, presenta un porticato architravato retto da colonne di granito disposte a coppie e una sala a pianta circolare con nicchie agli angoli, chiamata “Rotonda del Mercurio” (dalla divinità effigiata sulla volta), dalla quale si accede a sale che presentano alle pareti e sulle volte affreschi del tardo Cinquecento lombardo. Gli affreschi delle volte, staccati agli inizi degli anni ’70, sono stati restaurati e ricollocati.
Sul lato sinistro del cortile, la maestosa costruzione settecentesca, voluta da Giulio Visconti Borromeo Arese nel 1720, in mattoni a vista, chiamata anche “Quarto Nuovo”, si sviluppa su tre piani, con porticato a tre arcate e colonne di granito a gruppi di tre. All’interno dell’edificio si trovano ampie sale che bene evidenziano la funzione ludica cui la Villa era destinata. Al piano terra la maggior parte delle sale presenta soffitti affrescati, mentre il piano nobile è caratterizzato dal grande Salone della Musica, dell’altezza di due piani, con splendide balconate in ferro battuto per musici, sorrette da telamoni di grande effetto e decorazioni in stucco ad opera di Donato Carabelli.
La zona della Villa destinata a giardino, circa tre ettari, era probabilmente sin dalle origini suddivisa in quattro scomparti verdi scanditi da piante di agrumi in vaso.
La sua espansione e il suo ampliamento si attestano sui due assi principali (sud-nord, est-ovest) lungo i quali si compiono ingenti ed onerosi lavori strutturali: vi vengono collocate le fontane di Galatea e di Nettuno, edificate le serre degli “anenassi”, dei “semplici” e degli “agrumi”, esteso e potenziato l’impianto di irrigazione e dei giochi d’acqua.
Con il diffondersi, nel XVIII secolo, del gusto d’oltralpe per gli alberi a foglia caduca e con l’introduzione in Lombardia del carpino, nasce la “carpinata”. La nuova interpretazione del classico siepone nella Villa di Lainate trova ampia applicazione in un lungo percorso a U, costituito da un doppio filare di carpini con i rami intrecciati e potati a volta.
Oltre 300 carpini sono stati ripiantumati, per ridare al Parco una galleria larga oltre 4 metri e alta altrettanti, per circa 800 metri di lunghezza totali.
Una serie di tassi, un tempo rigidamente potati a piramide tronca, creano tuttora il “Teatro di Verzura”, teatro naturale destinato a rappresentazioni musicali e teatrali.
La nascente attenzione verso il giardino paesaggistico o all’inglese e la sua forte diffusione agli inizi del XIX secolo consente, nel 1808, all’architetto Luigi Canonica la configurazione del “nuovo boschetto” animato da modesti dislivelli del terreno, con scomparti verdi ad andamento irregolare e con prevalenza di piante ad alto fusto e cespugli.
Ai lati dell’Esedra con la nicchia del gruppo scultoreo in cotto del “Ratto delle Sabine o di Proserpina” erano collocate due serre fredde destinate al ricovero invernale degli agrumi e, successivamente, due serre calde per le specie esotiche. Da una descrizione redatta nel 1840 dal botanico Linneo Tagliabue si ha notizia della grande varietà di piante a dimora: ananas, banani, caffè, tamarindi, palme, e ancora orchidee, ibisco e gardenie. Di notevole interesse anche due Serre in ferro e vetro in Stile Liberty, oggetto nel 2015 di un imponente piano di recupero che ha ottenuto il finanziamento di un milione di euro da Fondazione Cariplo.
Oggi si contano nel Parco alberi appartenenti a 56 specie differenti e arbusti, classificati in 15 specie. Da un raro Ginko Biloba la cui probabile messa dimora risale al 1850-55, ad alcuni Cedri dell’Atlante, dalle Magnolie grandiflore, alle Querce, ai Bagolari.
La Villa è quasi interamente accessibile. I gradini vengono coperti con pedane semoventi oppure sono aggirabili dai prati laterali. La ghiaia dei vialetti rappresenta una difficoltà se non si ha l’accompagnatore. I Palazzi sono muniti di ascensore quindi sono accessibili nella loro totalità. Le serre sono accessibili solo nella parte a piano terra; il piano interrato non è accessibile con carrozzella.
Testo tratto dal sito ufficiale della Villa Litta e foto da Wikipedia
https://www.villalittalainate.it/index.php
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