La paura, uno degli ostacoli più grandi per le persone con disabilità che vivono in città, è un tema di cui si parla poco, secondo quanto dichiarato da David Meere, residente cieco di Melbourne in Australia, al quotidiano britannico The Guardian. “La paura di andare nei luoghi affollati e caotici: questa è una delle barriere principali alla partecipazione nella vita di tutti i giorni”. Una testimonianza che ci ricorda che gli ostacoli all’accessibilità e all’inclusione, e quindi alla sostenibilità sociale, non sono solo fisici ma anche psicologici.
Nelle città accessibili tutti possono spostarsi liberamente, a prescindere
da abilità fisiche e intellettive.
Entro il 2050, dei 6,25 miliardi di persone nel mondo che vivranno in città, il
15 per cento, 940 milioni, saranno disabili, secondo le stime delle Nazioni
Unite. È fondamentale dunque che l’inclusione e l’accessibilità vengano
integrate in tutti i processi di pianificazione e gestione degli ambienti
urbani visto l’altissimo tasso di urbanizzazione previsto nei prossimi decenni.
Un’aspirazione che può sembrare poco realizzabile nel caso di molte città
europee concepite e costruite in antichità; pensiamo a centri storici dove le
strade sono strette e la pavimentazione irregolare. In realtà, in Europa molte
città sia antiche che moderne stanno dimostrando il contrario.
Access city award, il premio per le città europee più accessibili.
Ad esempio, Chester in Inghilterra è celebre per il suo circuito lungo le
antiche mura romane, sassoni e medievali conosciuto come “Rows”, che è
diventato accessibile anche per chi è più limitato nel superamento delle
barriere fisiche grazie all’adozione di rampe, un ascensore e delle scale
mobili. Nel 2017 è diventata la prima città in Regno Unito a ricevere l’Access
city award, il premio assegnato ogni anno alla città più accessibile dell’Unione
europea giunto alla decima edizione, vinta dalla capitale polacca Varsavia in
seguito al trionfo di Breda, nei Paesi Bassi, l’anno scorso. “Molti pensano che
Breda abbia vinto perché è la città più accessibile d’Europa, ma non è così”,
spiega Marcel Van Den Muijsenberg, volontario che lavora con il comune sul tema
della disabilità. “Abbiamo già fatto tanto, ma c’è ancora molto da fare”.
Città accessibili, che caratteristiche devono avere:
APERTA.
Quali caratteristiche deve avere, quindi una città accessibile? Le sfere da
considerare sono diverse – le infrastrutture, i trasporti, l’accesso
all’informazione – ma si parte dal presupposto che siano interconnesse e che
alla base di ognuna ci sia il valore dell’inclusione sociale, ad esempio
nell’ambito del lavoro. Una persona disabile può trovare impiego solo se è in
grado di recarsi nel luogo di lavoro, che dev’essere strutturato in modo
adatto, e se ha accesso alle informazioni necessarie, come quelle su diritti e
tutele. Tra le best practice in questo senso citiamo Lione in Francia,
vincitrice dell’Access city award 2018, dove i funzionari pubblici disabili
costituiscono quasi l’otto per cento del totale, rispetto alla soglia minima
legale del sei per cento, mentre Göteborg, che si è guadagnata il riconoscimento
europeo nel 2014, fornisce 300 assistenti personali ad altrettanti lavoratori
disabili ogni anno. Un esempio di inclusione nell’accesso alla cultura e alle
attività ricreative invece è Borås, vincitrice 2015, dove la biblioteca, il
teatro, il museo d’arte, il centro culturale e addirittura lo zoo sono stati
resi completamente accessibili.
UNIVERSALE.
Il design universale è un concetto chiave nel migliorare l’accesso, la
sicurezza, la salute e la partecipazione sociale di tutti i cittadini attraverso
la progettazione degli ambienti, dei beni, dei servizi e dei sistemi urbani,
almeno secondo il rapporto globale sulla disabilità dell’Oms (Organizzazione
mondiale della sanità). È fondamentale valutare anche l’accessibilità delle
infrastrutture come quelle residenziali. Questo è uno dei motivi per cui Milano
è stata premiata a livello europeo nel 2016. Tra le iniziative recenti
segnaliamo la creazione del Craba (Centro regionale per l’accessibilità e il
benessere ambientale), sostenuto dal Comune, dall’associazione Ledha e da
Fondazione Cariplo, che fornisce consulenza e assistenza tecnica gratuite per
abbattere le barriere architettoniche nelle abitazioni.
AGIBILE.
Spostarsi liberamente significa partecipare alla vita civica in maniera
autonoma. Senza un sistema di mobilità adatto, le persone con disabilità non
possono raggiungere strutture sanitarie, luoghi di lavoro, d’istruzione o di
socialità e svago. In quest’ottica non bastano gli sforzi volontari ma servono
requisiti minimi obbligatori, secondo l’Oms. Tra questi, la presenza di rampe
d’accesso, la possibilità di attraversare le strade in modo sicuro, ingressi
accessibili alle stazioni e ai mezzi di trasporto pubblici, l’integrazione di
tutti i sistemi di mobilità e l’istituzione di sistemi di trasporto dedicati
come taxi accessibili. Alcune città europee hanno fatto grandi passi avanti. Ad
esempio, tutte e trenta le fermate della metro di Varsavia sono state rese
accessibili, come anche gli autobus. A Breda la nuova stazione ferroviaria, gli
autobus e le fermate sono perfettamente adatte agli utenti con disabilità, che
possono anche utilizzare pulmini dedicati, sedie a rotelle elettriche e
consultare informazioni utili online e via app. Addirittura, la superficie dei
ciottolati del centro storico è stata resa uniforme in modo da non costituire
un ostacolo per nessuno.
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Le città accessibili sono in grado di accogliere anche i turisti con disabilità
© Vidar Nordli Mathisen/Unsplash
CAMBIARE IL MODO DI VEDERE LE COSE.
Il cambiamento nasce dall’approccio che si sceglie di avere: le persone
cosiddette disabili possono essere viste come bisognose di protezione e carità,
oppure come cittadini con pari diritti e opportunità, il concetto alla base
della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità entrata in
vigore nel 2008 e ratificata da 163 stati. In queste nazioni come in altre, le
città giocano un ruolo indispensabile nel dare a tutti la possibilità di
esercitare la loro libertà e la loro autonomia. Il problema non è il fatto di
essere disabili, ma che questo possa essere un limite nell’esprimere a pieno le
proprie potenzialità. La soluzione sta nel mettere i bisogni di tutti sullo
stesso piano – e se il punto di partenza è diverso, questo vuol dire fare uno
sforzo per alzare l’asticella un po’ più del solito.
Da LifeGate del 04.03.2020
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