Si è spenta a 80 anni, aveva lottato per eliminare le barriere architettoniche. Appena un mese fa aveva promosso un’associazione a tutela dei più deboli.
NUORO.
Sempre pronta a tendere la mano, a lottare ma soprattutto a far sentire forte
la sua voce quando si trattava di difendere i diritti dei disabili. Gonaria
Congiu, nota disabile nuorese, è morta ieri mattina all’età di ottant’anni
nella sua abitazione stroncata da un malore improvviso. La donna era stata
ricoverata qualche mese fa a causa di un principio di infarto che l’aveva
notevolmente debilitata, ma mai fermata dalle sue continue battaglie per i
diritti delle persone con disabilità. Nata negli anni ’40, quando la
poliomielite uccideva e paralizzava più di mezzo milione di persone, a
ottant’anni, quasi tutti passati su una sedia a rotelle, Gonaria ha sempre
portato avanti con forza i suoi ideali senza mai avere paura di dire ciò che
pensava. Senza mai risparmiarsi, a volte arrabbiandosi ma sempre con il cuore
rivolto verso i più deboli. Moglie e mamma affettuosa, impiegata instancabile
per oltre venticinque anni in servizio nell’ufficio di fisioterapia
dell’ospedale vecchio di Nuoro, Gonaria nonostante le palesi difficoltà motorie
si è sempre fatta portavoce di forza ed eguaglianza per tutte le persone con
disabilità e non solo. È grazie a lei infatti se numerosi locali della città
sono oggi provvisti di scivoli ed è grazie alla sua grande tenacia e forza
d’animo se per la prima volta nel capoluogo barbaricino il tema delle barriere
architettoniche è stato portato all’attenzione dell’amministrazione comunale
che, nel 2014, ha avviato un progetto, purtroppo mai concluso, di abbattimento
degli ostacoli presenti lungo le vie cittadine.L’ultima sua grande battaglia
l’ha vinta, riuscendo a mettere in piedi proprio qualche mese fa
un’associazione di disabili, uniti per i diritti delle persone costrette su una
carrozzina, che ogni giorno fanno i conti con la propria disabilità in
“una società che li rende invisibili” come lei stessa aveva detto.
L’ha voluta battezzare con l’eloquente nome “Senza barriere”, un
sogno, forse un auspicio per quel che verrà, per le innumerevoli battaglie che
la sua amata associazione adesso dovrà affrontare senza di lei. Il fatto di non
poterla salutare adeguatamente è certamente la cosa più dolorosa che
l’emergenza coronavirus sta mettendo in luce in questi giorni, dove per tante
famiglie non è stato possibile commemorare i propri familiari attraverso il più
antico rito rivolto ai defunti, il funerale, e relegando invece il tutto a una
liturgia stanca, frettolosa e burocratica. Anche a questo dolore varrebbe la
pena tenere conto, con la promessa cara Gonaria che appena tutto si risolve a
salutarti ci sarà l’intera città. Una maledizione, quella degli ostacoli, che
sembra perseguitare la disabile anche nella morte: tante le difficoltà anche
per il figlio Antonello, attualmente a Roma, e che proprio in queste ore sta
cercando di rientrare in Sardegna per dare l’ultimo saluto all’amata mamma.
Questo il suo ultimo messaggio, inviato per la stesura dell’articolo che La
Nuova Sardegna ha dedicato al suo ultimo progetto qualche giorno dopo aver
costituito l’associazione “Senza barriere”: «Ciao ti ho inviato una
mail con la mia storia, lì c’è tutto quello che ho vissuto da quando ho
accarezzato il mio sogno sull’eliminazione delle barriere architettoniche nella
mia città che amo tanto ma che purtroppo mi costringe a vivere come se fossi
agli arresti domiciliari».
di Stefania Vatieri da La Nuova Sardegna del 14.03.2020
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