In attesa che l’INPS produca la propria Circolare definitiva e che il Decreto cosiddetto “Cura Italia” venga convertito in legge, la situazione è questa: in àmbito di permessi e congedi dal lavoro, a rischiare di essere maggiormente svantaggiati sono proprio i lavoratori con disabilità, come chiaramente si evince dall’esame dei vari testi finora disponibili
Come avevamo riferito nei giorni scorsi, all’articolo 24, il Decreto Legge 18/20, cosiddetto “Cura Italia”, prevede l’ampliamento, per il periodo marzo/aprile, dei permessi lavorativi mensili già disciplinati dall’articolo 33 della Legge 104/92 (12 giorni “nuovi” + 3 giorni di marzo + 3 giorni per aprile). Proprio a quell’articolo della Legge 104, infatti, si fa esplicito riferimento nel testo del Decreto.
In una
nostra primissima analisi, pubblicata nel sito del servizio HandyLex.org, avevamo fatto
notare come l’assenza del riferimento anche al comma 6 dell’articolo 33
lasciasse aperti dubbi interpretativi e rischiasse di escludere i lavoratori
con grave disabilità.
Il 18 marzo scorso, l’Ufficio per le Politiche in favore delle Persone con
Disabilità, dipendente direttamente dalla Presidenza del Consiglio, è
intervenuto nel proprio sito a parziale chiarimento
di quei dubbi, precisando: «I lavoratori che assistono una persona con
disabilità e quelli cui è riconosciuta disabilità grave hanno a disposizione,
complessivamente per i mesi di marzo e aprile 2020, 18 giorni di permesso
retribuito coperto da contribuzione figurativa. Le persone che hanno diritto a
tali permessi possono scegliere come distribuire i 18 giorni nei due mesi (i
giorni di permesso non “scadono” a fine mese)».
Quindi, secondo l’Ufficio, i permessi spettano non solo a chi assiste una
persone disabilità (articolo 3, comma 3 della Legge 104), ma anche a chi è
disabile grave e lavoratore (articolo 33, comma 6 della Legge 104, secondo
il quale costui hai diritto ai permessi giornalieri di cui al comma 3.
Anche il sito del Ministero del Lavoro e delle
Politiche Sociali nello stesso giorno ha rassicurato sul fatto che
l’estensione spetta a «1. Genitori di figli con disabilità grave; 2. Parenti e
affini entro il 3° grado di persone con disabilità grave; 3. Lavoratori con
disabilità grave».
Successivamente,
però, l’INPS, con il Messaggio n. 1281 del
20 marzo, ha affermato al contrario che questo nuovo beneficio spetta solo
ai familiari di chi assiste persone con disabilità, ma non ai lavoratori
(se ne legga già anche sulle nostre pagine).
Nel frattempo il testo del Decreto Legge 18/20 è arrivato al Senato per la
prima lettura e la conversione in legge con verosimili modificazioni. L’atto è
il numero 1766 e lo si può consultare a questo link. Congiuntamente i Servizi Studi di
Camera e Senato hanno elaborato il Dossier che serve ai Parlamentari per
discutete più efficacemente la norma e, se del caso, emendarla. Il Dossier
aiuta a comprendere quali effettivamente siano le “intenzioni” del Legislatore,
fornendo una lettura e una soluzioni degli eventuali dubbi interpretativi.
Orbene, anche quel Dossier è orientato a una lettura restrittiva: i 12
giorni aggiuntivi spetterebbero pertanto solo ai lavoratori che assistono
persone con disabilità grave.
Questi, dunque, sono gli elementi disponibili al momento. Si attende nelle prossime ore una Circolare definitiva dell’INPS che con tutta probabilità confermerà quanto già detto, chiudendo, almeno per ora, la “partita” con i dipendenti privati.
Per quanto
riguarda invece i dipendenti pubblici non interessati dalle indicazioni
INPS, mentre non si registra alcuna indicazione da parte del Dipartimento della
Funzione Pubblica, si registrano “movimenti autonomi” di alcune
Amministrazioni. Ad esempio il Ministero della Giustizia ha diramato una
sua nota interna per il personale, sposando a propria volta la lettura più
restrittiva: solo chi assiste, non i lavoratori con disabilità.
La tendenza più forte, quindi, sembra quella più restrittiva e di sostanziale
inversione potrebbe essere solo un emendamento di quell’articolo in sede
di conversione in Parlamento.
Resta infine
del tutto nebulosa l’applicazione dell’articolo 26 del Decreto Legge
18/20, che stabilisce la possibilità per i lavoratori con disabilità, ma anche
per quelli a rischio di contagio per immunodepressione, patologie oncologiche
ecc., di essere considerati, a richiesta, in uno status equiparabile al
ricovero sino a fine aprile. Non si hanno indicazioni circa le
certificazioni (chi la fa?) e/o la prassi che devono seguire le persone con
grave disabilità.
Pertanto i lavoratori con disabilità al momento risultano quelli
maggiormente svantaggiati: non possono chiedere il congedo
retribuito previsto dall’articolo 42, comma 5 del Decreto Legislativo 151/01 perché è previsto solo chi assiste (e a
regole piuttosto stringenti); non possono richiedere i 15 giorni di
congedo straordinario retribuito al 50% previsto dal nuovo Decreto Legge perché
spetta solo ai genitori (e anche qui con forti limiti); non possono
richiedere l’estensione di 12 giorni dei permessi lavorativi previsti dal
nuovo Decreto Legge perché l’interpretazione è restrittiva; potrebbero
richiedere lo “stato di malattia” previsto dall’articolo 26 del Decreto, ma non
possono farlo perché mancano ancora tutte le indicazioni operative e
applicative. (Carlo Giacobini)
Da Superando.it 23 Marzo 2020
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