USA. Negli Usa, dove stanno fronteggiando la prima ondata della terribile e drammatica epidemia legata alla diffusione del Covid-19, hanno già deciso chi potrà avere accesso alle cure intensive e chi no. Nel Paese dove chi non ha un’assicurazione privata viene lasciato al suo destino, si decide – ora – chi scegliere di salvare dalle complicazioni del nuovo coronavirus.
La prima potenza globale offre al mondo questa agghiacciante
immagine di sé, passando nell’arco di pochi giorni dalla negazione
dell’emergenza globale, alla selezione della specie. Come racconta Elena
Molinari su Avvenire, più di 10 Stati, infatti, hanno fornito ai medici dei
criteri guida per prendere la decisione più difficile e cioè chi attaccare al
respiratore e chi no.
A chi dare una speranza di vita e a chi toglierla. Liste che si fondano, nella
maggior parte dei casi, su inquietanti discriminazioni. Tra i criteri ci sono
considerazioni di tipo intellettivo o discriminatorie nei confronti delle
persone con disabilità. L’Alabama, senza alcuna remora o vergogna, dichiara che
“i disabili psichici sono candidati improbabili per il supporto alla
respirazione”, mentre Maryland o Pennsylvania sostengono che chi soffre di
“disturbi neurologici gravi” ha diritto solo dopo gli altri ad accedere alle
cure salvavita.
In Tennessee le persone affette da SMA devono essere “escluse” dalla terapia
intensiva. Ma la lista è lunga e fa spavento perché, di fatto, esclude le
persone con disabilità dall’accesso alle cure, considerandole meno importanti
delle altre. Vite minori. Vite sacrificabili in una situazione di emergenza e
risorse scarse.
La Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità impone agli Stati
aderenti di assumere tutte le misure necessarie a garantire il pieno esercizio
dei diritti, impedendo la violazione dei diritti umani e le discriminazioni.
La Convenzione stabilisce di promuovere, proteggere e garantire il pieno e
uguale godimento di tutti i diritti e di tutte le libertà, promuovendo il
rispetto per la dignità umana. Qui, invece, si decide che le persone con
disabilità sono di serie b e possono essere sacrificate in una questa
situazione.
Il corpo persona, con i suoi desideri, le sue ansie, i suoi affetti, diventa un
corpo organismo che va lasciato morire perché “meno efficiente” di un altro,
“meno utile” alla vita economica di un Paese.
L’uguaglianza di tutti i cittadini viene fatta a brandelli in nome di una
predominanza fisica e cognitiva determinata dallo Stato che, tutti, nessuno
escluso, dovrebbe proteggere.
Fa paura e riporta indietro a tempi bui della storia dell’umanità che pensavamo
di esserci lasciati definitivamente alle spalle. E lo facciamo nei confronti di
persone, che più delle altre, soffrono questa drammatica crisi perché più
fragili e vulnerabili.
Ma ciò non toglie che siano persone singole, irripetibili che hanno diritto
alla vita esattamente come tutti gli altri. Non sono solo la loro patologia ma
sono persone, esseri umani, individui. Il principio di “unicità” delle persone
implica il rispetto della dignità dell’individuo, in qualsiasi condizione che è
autentica garanzia della democrazia. Se salta quel principio, salta anche la
democrazia.
Di Vanna Iori, da L’Huffington
Post.it del 26.03.2020
Lascia un commento