«Sono passate diverse settimane da quando è scattata l’emergenza e siamo arrivati a uno stadio di controllo sempre più serrato da parte dei governi ubbidienti alle disposizioni sanitarie. Così, come in altre condizioni di disagio, la situazione che stiamo vivendo esaspera le già storiche difficoltà nei riguardi della nostra indipendenza»: lo scrivono dall’AVI Toscana (Associazione Vita Indipendente), elencando una serie di questioni su «alcune specifiche necessità essenziali per la sopravvivenza e il diritto di vivere di chi ha gravi disabilità, delle quali finora non si è tenuto conto»
Oggi,
l’ansia di intere popolazioni si sta concentrando su come evitare il contatto
interumano per limitare la diffusione del virus. Siamo coinvolti in un allarme
planetario senza precedenti che determina in tutti noi paura e sconcerto. Sono
passate diverse settimane da quando è scattata l’emergenza e siamo arrivati a
uno stadio di controllo sempre più serrato da parte dei governi ubbidienti alle
disposizioni sanitarie. Così, come in altre condizioni di disagio, la
situazione che stiamo vivendo esaspera le già storiche difficoltà nei riguardi
della nostra indipendenza.
Come cittadini e cittadine disabili portiamo avanti l’idea e il diritto per
ciascuno di noi di godere di un grado di libertà comparabile a quello delle
altre persone. In questa situazione, e non siamo i soli a segnalarlo, ci sentiamo
ignorati. Non certo perché vogliamo privilegi rispetto agli altri, ma
perché le gravissime limitazioni alle libertà fondamentali, che sono state
introdotte per tutti a seguito del virus, si aggiungono alle notevolissime
limitazioni alle libertà che già c’erano di fatto per i disabili.
Nella Costituzione c’è scritto, come diceva don Milani, che «non si possono
fare parti eguali fra diseguali». È vero che la Sanità Italiana è attivata al
massimo delle proprie risorse, ma le risorse sono utilizzate solamente per far
fronte all’emergenza clinica. Il mantra “andrà tutto bene” è una rassicurazione
fasulla che viene proposta per evitare di affrontare il disagio amplificato da
questa situazione limite.
Non stiamo
mettendo in discussione le scelte più o meno opinabili dei vari Decreti, ma
puntiamo il dito sul fatto che non è stata prevista nessuna deroga che ci eviti
di morire prima dell’inevitabile.
Per noi, l’uscire e il movimento possono essere condizioni ancor più vitali
di sopravvivenza, sia perché molti di noi hanno difficoltà che complicano
grandemente gli spostamenti, e sia perché, se smettiamo di fare certe attività
o certi movimenti, possiamo non riuscire più a recuperare, oppure possiamo
riuscirvi solo con enormi difficoltà.
Segnaliamo che il nostro disagio fisico ed emotivo (ma anche quello di bambini
e anziani) viene sottovalutato dalle Istituzioni. Questo aspetto viene
sempre tralasciato o non capito. Perché noi preferiamo stare nel nostro
habitat, perché non vogliamo andare negli istituti. Perché l’idea di libertà è
la spinta per sopravvivere al meglio, per fare in modo che la nostra vita
migliori nella sua qualità e per avere occasioni espressive e sociali, per
sentirci esseri umani completi.
Appunto per questo, vorremmo che questa pandemia fosse una occasione per
mettere in luce l’importanza di sentirsi liberi in osservanza delle
disposizioni imposte dai Decreti e non solo una reclusione sterile e penosa.
Gli
interrogativi che la gente comune si pone sono semplici: così come si è
sviluppato un virus nuovo così aggressivo, allora in futuro saremo soggetti a
rischi pandemici senza poterli prevedere? Dovremo tutte le volte isolarci? Come
mai con tutte le risorse disponibili su questo Pianeta non c’è una cura? Quando
potremo riabbracciarci senza pensare al contagio?
Noi ce ne poniamo uno in più e fino a quando non avremo delle risposte
adeguate continueremo a porci delle domande per cercare di migliorare la nostra
vita con o senza virus.
Il clima che si sta instaurando è figlio della situazione collettiva
precedente, fatta di aggressività, eccessi e tanta negatività. Una parte della
popolazione sta instaurando meccanismi di controllo, di diffidenza verso
l’altro, inneggiano alle dittature, guardando gli altri con sospetto. È logico
che da un giorno all’altro la popolazione e le istituzioni non possano
diventare ragionevoli, neanche dopo situazioni così drammatiche come questa. Si
cercherà di ripristinare lo stato delle cose precedente, ma esiste una parte in
tutti noi che vuole stare meglio e che ha solo bisogno di migliorare
la qualità della propria esistenza.
Mentre dovrebbero essere dalla parte dell’uomo per rispondere ai suoi legittimi
bisogni, per rendere l’esistenza più vivibile, scienza e tecnologia sono
diventate letali, perché subalterne al profitto e alla conseguente smania di
ottenere risultati nel minor tempo possibile.
Noi disabili siamo in prima linea nel percepire le derive degli attacchi
allo Stato Sociale. Le risposte ai bisogni dei disabili sono da sempre un
indicatore dei diritti e delle tutele di tutta la società. Non vorremmo che
questa epidemia fosse una occasione per incrementare la deriva scientista della
salute, di una scienza non democratica come i più autorevoli virologi
affermano, dove contano solo le risorse economiche, mentre le libertà di
vivere viene ulteriormente negata.
In
particolare, questi decreti “liberticidi” non tengono conto di alcune
specifiche necessità essenziali per la sopravvivenza e il diritto di vivere
di chi ha gravi disabilità.
1) Senza assistenti personali un disabile grave non può mangiare, bere,
andare in bagno e così via, quindi non può sopravvivere. Ovvero per un disabile
grave poter cercare un nuovo assistente personale può essere una questione di
vita o di morte. Si tratta di un lavoro delicato per il quale il disabile non
può certo prendere la prima persona che capita. Per un disabile grave può
trattarsi di una ricerca da dover fare con estrema urgenza. Ma con tutte queste
restrizioni, i potenziali assistenti personali possono avere paura a muoversi per
incontrarsi con il disabile. È una ricerca fondamentale per la sopravvivenza,
ma già difficile in tempi “normali”. Con queste restrizioni, senza specifiche
garanzie normative, diventa una ricerca al limite dell’impossibile.
2) Prima di assumere un nuovo assistente personale, un disabile deve
poterlo incontrare e conoscere. È probabile si tratti di una persona
sconosciuta, magari inaffidabile, e può darsi che il disabile debba incontrare
più candidati: come fa il disabile a procurarsi con urgenza mascherine, guanti
ecc., sufficienti a non rischiare infezioni durante questi incontri essenziali?
3) Se un assistente personale di un disabile grave ha bisogno della
quarantena, il disabile, per sopravvivere, deve trovare immediatamente e
retribuire un altro assistente personale: chi paga l’assistente personale in
quarantena?
4) Se un disabile grave deve stare in quarantena, chi lo aiuta
immediatamente ad andare in bagno, a mangiare ecc.? Chi fornisce immediatamente
agli assistenti personali del disabile grave le necessarie attrezzature e le
necessarie istruzioni per non rischiare il contagio?
5) Abbiamo accennato sopra all’importanza per un disabile grave di
muoversi fuori casa. Se il territorio circostante alla sua abitazione è pieno
di barriere architettoniche, gli viene consentito di andare più lontano in
ambiente privo di barriere? Dove sta scritta questa possibilità?
6) Se il disabile grave, mentre si muove fuori casa, ha necessità di
potersi riposare, gli viene consentito?
7) Se il disabile grave, per muoversi fuori casa, ha necessità
dell’aiuto di un assistente personale, gli viene consentito di uscire con il
suo aiuto?
8) Un “normodotato” di fatto può uscire di casa quando decide, pur in
ottemperanza alle disposizioni. Un disabile è molto probabile che, se va bene,
abbia un’assistenza personale sufficiente per uscire una volta al giorno.
Quando riesce ad uscire, può avere necessità di starci più a lungo e/o finché
non arriva il nuovo assistente personale. Dove sta scritto che il disabile può
farlo?
9) Per i disabili gravi può non essere sufficiente che la spesa (la
pizza, il cibo già pronto ecc.) vengano portati a loro solo fino alla porta di
casa. Dove sta scritto che per un disabile grave il servizio è almeno fino al
tavolo?
10) Una persona “normodotata”, se perde delle capacità fisiche per un
lungo confinamento in casa propria, è probabile che poi le possa recuperare; un
disabile, se perde delle capacità fisiche per un lungo confinamento in casa
propria, può darsi, o è molto probabile, che poi non le possa recuperare. Non
risulta alcun provvedimento per evitare questo pericolo.
11) Una persona “normodotata”, magari con le indicazioni di una persona
competente, anche tramite lezioni a distanza, può sostituire esercizi fatti in
piscina o in palestra con una serie di attività fisiche svolte all’aperto o con
esercizi fisici svolti in casa propria. Un disabile è improbabile che possa
abbandonare le attività svolte in piscina o palestra con l’aiuto di un
istruttore e sostituirle con esercizi fatti da solo in casa propria. Però non
c’è nessun provvedimento della Repubblica Italiana in proposito.
12) Varie persone disabili hanno necessità tali da non consentire il
rispetto del distanziamento da chi le aiuta. I decreti e le risposte alle FAQ
[“domande più frequenti”, N.d.R.] non dicono nulla al riguardo.
13) I tamponi vanno fatti in modo da tener presente che, a prescindere
dal virus e per motivi del tutto diversi da esso, alcune persone possano avere
difficoltà respiratorie e/o di ipersalivazione.
Da Superando.it-2 ore fa
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