C’è una legge ferma in un cassetto, perché mancano i regolamenti attuativi: è la 1/2008 e riguarda le sanzioni per quei comuni abruzzesi che non si attengono al rispetto delle normative sulle barriere architettoniche. A presentarla e a farla diventare legge, inapplicata, fu Antonella Bosco, avvocato, disabile, consigliera regionale della legislatura Del Turco.
A 50 anni dai Moti aquilani il punto sulle politiche sociali, sulla cura della diversità e della persona in Abruzzo è presto detto: “Rispetto al passato la situazione è migliorata, ma c’è una sensibilità limitata intorno alla diversità, c’è un atteggiamento diffuso di sciatteria, una totale disattenzione verso la compiuta realizzazione della persona, non è solo una questione relativa ad uno scivolo per disabili. In Abruzzo non c’è stata l’evoluzione di altre aree del paese”. Per l’avvocato Bosco “si tratta di un ritardo culturale, se mi passate il termine: bipartisan, non legato ad una ”destra o ad una ‘sinistra’ politica. Ho esperienze diverse già da quando facevo l’Università a Bologna, già allora in certe zone d’Italia il problema della diversità e della disabilità erano state affrontare con altro spirito – prosegue – in Abruzzo non c’è stata la necessaria evoluzione, è più una struttura mentale di potere, che, ripeto, nasce da una scarsa attenzione verso l’altro in generale. A cui si aggiunge una componente di maschilismo perché in Abruzzo c’è un problema sociale anche per le donne: un potere che spesso ha una componente che non affronta un problema che non lo riguarda direttamente, che ha una visione utilitaristica. Ed è una miopia, perché quando i disabili chiedono abbattimenti e altro, lo fanno perché vogliono diventare ‘contribuenti’ e non ‘assistiti’, vogliono passare dal ruolo di portatori di handicap ‘passivi’ a protagonisti della società ‘attiva’. La cura dell’altro funziona solo se è in funzione della realizzazione dell’individuo, sono elementi in più al benessere collettivo. In questo senso in Abruzzo io ci vedo un nesso con l’assenza delle donne dagli organismi chiave della politica: perché si riflette sulla qualità dell’esistenza. Esiste insomma un problema di classe dirigente poco illuminata”. “Quando ho iniziato a fare l’avvocato nella metà degli anni 80 nell’albo chietino c’erano 10 donne – prosegue la ex consigliera regionale – oggi sono la maggioranza credo, personalmente non ho avuto nessuna difficoltà, ma se devo vedere il percorso fatto da questa regione negli ultimi decenni ritengo che le sacche di ritardo, diffuse, non dipendano neanche da una collocazione geografica, interna, costiera, non è quello: è un problema di uomini, è generale. La sciatteria è quella degli uffici tecnici, della povertà culturale, nel corpo sociale, mentre il motore propulsivo è sempre rimasto nelle mani delle associazioni”, conclude.. (ANSA).
Da Agenzia ANSA 14/3/2021
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