A poco più di un mese dall’inizio delle lezioni, i dati sull’accessibilità degli edifici scolastici italiani sono decisamente allarmanti. Soltanto 2 strutture su 10, infatti, sono attualmente a norma mentre, per esempio, il 79% non ha mai installato una piattaforma elevatrice, il 47% non è dotato di un ascensore appropriato, il 41% non prevede percorsi esterni adatti ai disabili e il 35% neanche percorsi interni.
La verità, però, è che nel nostro Paese esiste una solida struttura normativa che dovrebbe tutelare i malati rari la cui patologia ha portato a un’invalidità, sia essa sensoriale o fisica, per garantire loro, attraverso l’eliminazione di qualsiasi ostacolo, regolare accesso agli edifici, sia pubblici che privati, scuole comprese, ai servizi, ai mezzi di trasporto, ecc.
Questa base legislativa, in Italia, è costituita dalla Legge 13/1989, il Decreto Ministeriale 236/1989, la Legge 104/1992, il Decreto del Presidente della Repubblica 503/1996 e il Decreto del Presidente della Repubblica 380/2001.
Il Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici n. 236 del 14 giugno 1989 è attuativo della norma di poco precedente, la Legge n. 13 del 9 gennaio 1989 “Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati”, ai sensi di quanto previsto dal comma 2 dell’Art della stessa Legge, che recita “entro tre mesi dall’entrata in vigore della presente legge, il Ministro dei lavori pubblici fissa con proprio decreto le prescrizioni tecniche necessarie a garantire l’accessibilità, l’adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica, sovvenzionata ed agevolata”.
A partire dalla scadenza di 6 mesi dall’entrata in vigore della Legge 13/89, vige l’obbligo per tutti i progetti relativi alla costruzione di nuovi edifici, oppure alla ristrutturazione di interi edifici, compresi quelli di edilizia residenziale pubblica, sovvenzionata e agevolata, di prevedere accorgimenti tecnici idonei alla installazione di meccanismi per l’accesso ai piani superiori, ivi compresi i servoscala; idonei accessi alle parti comuni degli edifici e alle singole unità immobiliari; almeno un accesso in piano, rampe prive di gradini o idonei mezzi di sollevamento; l’installazione, nel caso di immobili con più di tre livelli fuori terra, di un ascensore per ogni scala principale raggiungibile mediante rampe prive di gradini.
Ai fini della corretta applicazione della normativa, il DM 236/89 specifica
nel dettaglio ciò che viene inteso per barriere architettoniche,
ovvero:
a) gli ostacoli fisici che sono fonte di disagio per la
mobilità di chiunque ed in particolare di coloro che, per qualsiasi causa,
hanno una capacità motoria ridotta o impedita in forma permanente o temporanea;
b) gli ostacoli che limitano o impediscono a chiunque la comoda e
sicura utilizzazione di parti, attrezzature o componenti;
c) la mancanza di accorgimenti e segnalazioni che permettono
l’orientamento e la riconoscibilità dei luoghi e delle fonti di pericolo
per chiunque e in particolare per i ciechi, per gli ipovedenti e per i sordi.
Il Decreto contiene poi, nel dettaglio, tutti gli accorgimenti tecnici che i progettisti sono tenuti a seguire per essere certi di rispettare la norma in tutte le sue prescrizioni.
Anche la Legge n. 104 del 5 febbraio 1992 sancisce che le persone con disabilità in nessun caso possono essere escluse dal godimento di servizi, prestazioni e opportunità ordinariamente goduti da ogni cittadino e per questo, in tema di barriere architettoniche, stabilisce, rafforzando quando già espresso, che il rilascio delle concessioni edilizie sia vincolato al rispetto della normativa in materia di barriere, che siano dichiarate inagibili e inabitabili (e sanzionati i responsabili) le opere realizzate in edifici pubblici o aperti al pubblico in modo tale da compromettere l’accessibilità ai disabili, che sia riservata una quota di fondi per opere nell’edilizia residenziale pubblica e che i regolamenti edilizi comunali siano adeguati alle norme vigenti.
Il DPR n. 503 del 24 luglio 1996, denominato “Regolamento recante norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici”, riprende la definizione di barriere architettoniche già inserite nella Legge 13/8 stabilendo che agli edifici o spazi pubblici esistenti, debbano essere apportati tutti gli accorgimenti finalizzati all’abbattimento barriere architettoniche al fine di garantire la completa fruibilità dello spazio anche da parte di persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale. Il Decreto precisa inoltre che non potranno essere erogati contributi o agevolazioni da parte dello Stato e di altri enti pubblici per la realizzazione di opere o servizi pubblici non conformi alle norme inserite nel Regolamento stesso.
Infine, il DPR n. 380 del 6 giugno 2001, in particolare con quanto stabilito dalle Sezioni I e II del Capo III – intitolate rispettivamente “Eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati” e “Eliminazione o superamento delle barriere architettoniche negli edifici pubblici e privati aperti al pubblico” – raccoglie e organizza quando previsto dalla normativa precedente in materia di abbattimento barriere.
Da Osservatorio Malattie Rare-16 ott 2019
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