Come spesso accade negli articoli che pubblichiamo Incuriosire.it è interessato a trovare storie e curiosità su luoghi che vengono citati, stavolta tocca a Bardonecchia in provincia di Torino, dove sul sito istituzionale del Comune abbiamo trovato la storia i questo piccolo paese di montagna
La più antica citazione del nome del luogo a noi nota risale al Diploma di Ottone III del 1001. Troviamo, infatti, Bardisca, probabile contrazione di Bardonisca, comprovata dal fatto che nel Diploma di Manfredo del 1029 si menziona Bardonesca e, pochi anni dopo, nel Chronicon Novalicense, Bardonisca. La spiegazione più attendibile del toponimo è forse quella che fa risalire la radice bar- al celtico con il significato di “rilievo, sommità boscosa”; presente anche nel gallese e nell’irlandese con lo stesso significato.
A causa della sua posizione geografica, chiuso in una conca e lontano dalle grandi vie di comunicazione del passato, ad eccezione delle mulattiere del Colle della Scala e del Colle della Rho, il paese ha da sempre una storia a sé rispetto al resto della valle. Gelosa della sua relativa indipendenza, Bardonecchia ha utilizzato il motto, da esporre sotto lo stemma comunale “Seigneur de soi même”.
Non mancano, tuttavia, esempi di fervore artistico ed architettonico. Accanto a manufatti lignei e in pietra, affreschi, retables troviamo esempi di architettura di rilievo come l’antico campanile romanico, che fiancheggia ancora oggi la Chiesa Parrocchiale di Sant’Ippolito, o la Tour d’Amoun, parte di uno dei castelli signorili dei feudatari del paese, la famiglia De Bardonisca o, nella vulgata francese, De Bardonnèche. L’altro castello potrebbe essere quello del Bramafam, dal quale il forte ottocentesco ha ereditato il nome, se è vero che “intorno al 1333 Guigo VII ordina al balivo (funzionario di nomina regia a capo di una circoscrizione territoriale n.d.r) di ristrutturare il castello del Bramafam acquistato tre anni prima dai signori del luogo (i De Bardonisca) “. Una zona sottostante il forte, infatti, è ancora, nella toponomastica di oggi, “Chatiàw” che, nella parlata locale, significa appunto castello.
Da un punto di vista funzionale a quella che era l’economia della montagna troviamo architetture tipiche con abitazioni che avevano, e alcune hanno ancora, la stalla e la cucina (o focolare) al pian terreno, al secondo piano le camere e il fienile. Il tetto in losa locale o scandole di legno, le finestre piccole per riparare dalle rigide temperature montane.
Il Museo Civico, edificio ottocentesco antica sede della casa comunale, accoglie, su due piani, le testimonianze della cultura materiale del vecchio borgo montano: nato nel 1953 è uno spaccato della vita e della cultura della gente di montagna, legata all’economia agricola e pastorale che caratterizzava il paese, prima dell’avvento del turismo. All’interno del Museo, nella sala del piano terreno sono raccolti oggetti, mobili, arredi ed attrezzi legati alla vita quotidiana ed una piccola sezione di arte sacra e antichità religiose. Si possono osservare inoltre, il costume femminile locale e i preziosi pizzi realizzati a tombolo (lavorazione che sembra sia stata introdotta in Alta Valle Susa nel XVII secolo, e che ha reso famosa l’attuale frazione di Rochemolles già dal XVIII sec.).
Al piano superiore sono esposti oggetti ed attrezzi da lavoro, fotografie che ritraggono momenti di lavoro di un tempo.
Presenti ancora oggi sulle facciate esposte a sud delle chiese, degli edifici pubblici o delle abitazioni, lemeridiane, sono state usate per oltre due secoli (dal XVIII al XX secolo). Al di là della loro funzione di orologi solari, sono esempi di quell’arte minore della pittura muraria che era diffusa lungo tutto l’arco alpino.
Le quattro meridiane di Bardonecchia si trovano in Piazza Suspize, Via Herbarel, via Fiume e via Pasubio, vie del Borgo Vecchio.
Un accenno anche al Forte Bramafam: dell’ipotesi che fosse un castello signorile abbiamo già accennato. Fortificazione militare realizzata nel 1874, ha avuto la funzione di fornire allo sbocco del tunnel ferroviario del Frejus (inaugurato nello stesso anno) una protezione d’artiglieria per bloccare le truppe francesi. Proprio nella realizzazione del Forte il connubio della pietra con il calcestruzzo e altri impianti avveniristici nell’installazione dell’artiglieria, ne ha fatto una delle più importanti fortificazioni delle Api Cozie di fine Ottocento.
I lavori furono completati nel 1899, e il Bramafam fu dotato di due torri corazzate per i cannoni.
Si possono individuare tre distinte sezioni del Forte:
– la Piazza d’Armi
– il Forte principale
– l’avan Forte
Il forte fu rafforzato negli anni Trenta e nella seconda guerra mondiale ha avuto il compito di guardia alla frontiera.
La realizzazione del museo recentemente ricavato nel forte Bramafam, dedicato all’evoluzione dell’architettura militare, costituisce un valido esempio di riutilizzo e valorizzazione delle strutture militari sopravvissute e della loro storia.
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