La disabilità è un tema tuttora molto trascurato nel turismo. Secondo l’esperto Richard Thompson spetta al segmento del lusso il primo passo per rompere le barriere e rendere luoghi e strutture più accessibili
Il turismo in parole
Se dovessimo fare un cloud delle parole più usate nel vocabolario del turismo di alto livello oggi, sicuramente sostenibilità sarebbe tra quelle più in evidenza. Invece il termine inclusività è ancora piccolo, troppo piccolo considerata l’ampiezza potenziale del mercato coinvolto. Per dare a esso la giusta rilevanza gli operatori del settore devono cambiare mentalità, e pensare a rendere i luoghi accessibili a tutti a prescindere dal tipo di limite del viaggiatore. La disabilità infatti spazia in ambiti molto diversi tra loro, dalla deambulazione alla cecità, alla malattia mentale. Non solo. Molte persone ritengono l’età un limite, e temono di non trovare in viaggio un ambiente idoneo alla loro ridotta capacità di salire scale, di camminare per lunghi tragitti, di adattarsi. Si può intuire che si tratta di un mercato immenso e perlopiù tuttora inesplorato. Solo per fare un esempio, in Italia si stima che ci siano tra 1,8 a 2 milioni di persone tra ipovedenti e ciechi. D’altra parte, sempre in Italia, ci sono 33mila alberghi, ma nessun dato affidabile in merito alla loro accessibilità per chi ha problemi gravi di vista.
I primi passi
Richard Thompson, che a gennaio 2020 ha fondato IncluTravel, un’agenzia che verifica le credenziali di accessibilità e inclusione di destinazioni, operatori e strutture ricettive e offre una piattaforma di prenotazione delle stesse, sostiene che è arrivato il momento di affrontare questo mercato dalle immense potenzialità. Il percorso di Thompson è cominciato nel 1997, quando nessuno ci pensava. La strada è molto lunga: negli ultimi trent’anni, nel turismo è cambiato poco e niente su questo tema, a parte ciò che è diventato obbligatorio per legge. Ma oggi non si può più ignorare, e gli standard di inclusione e accessibilità devono essere considerati al pari di quelli di sostenibilità.
Cominciamo dal segmento più alto
Come spesso accade, anche nel turismo il segmento del lusso funge da apripista per nuove prospettive e, in questo caso, per rompere le barriere. Secondo Thompson è quello che ha la distanza minore da percorrere per diventare realmente inclusivo e accessibile a tutti, in quanto già allenato a focalizzarsi sul servizio, sull’esperienza dell’ospite, sul rapporto spazio/ospite. «Se gli alberghi di alto livello adotteranno misure e strumenti per affrontare il mercato dell’ospitalità, ci sarà una ricaduta positiva su tutto il settore», spiega. A parte rare eccellenze, oggi domina una mancanza di comprensione e consapevolezza sull’argomento. Basti un dato: su 280 hotel analizzati da IncluCare, lo strumento di valutazione di IncluTravel, 275 non soddisfano neppure gli obblighi previsti dalla normativa edilizia.
Cosa significa inclusione?
Non è sinonimo di accessibilità. Come spiega Thompson, c’è una grande differenza: «L’accessibilità permette di essere invitati alla festa, mentre l’inclusione significa poter ballare come tutti gli altri invitati». L’inclusione riguarda l’esperienza di chi viaggia; significa avere l’opportunità di godere di ciò che fanno gli altri. Nel caso di un albergo, non basta avere camere per disabili con porte e docce per la sedia a rotelle, bisogna garantire che tutti gli ospiti possano usufruire di tutti i servizi e di tutti gli spazi. La domanda giusta da porre non è quale disabilità ha un ospite, ma dove vuole andare. L’inclusione ha a che fare con l’esperienza, altro termine lampante nel cloud del turismo di lusso.
Un mercato da 10 mila miliardi
Quanto è grande il settore dei viaggi per disabili? Secondo Thompson è l’ultimo grande mercato ancora non sfruttato, che crescerà in modo esponenziale nei prossimi anni. Secondo le sue previsioni entro 18 mesi ci sarà una corsa ad adeguarsi agli standard di inclusività, perché saranno sempre più richiesti dai viaggiatori e dagli operatori. Non farlo significa ignorare una persona su sei della popolazione mondiale. Inoltre, i disabili restano più a lungo e spendono di più, e si stima che potere di spesa globale della comunità di persone colpite da disabilità è di 10.000 miliardi di dollari all’anno.
L’avamposto sugli atolli
Negli ultimi mesi, Thompson ha lavorato con il governo e le strutture delle Maldive per rendere la destinazione più accessibile, riscontrando un enorme interesse da parte di istituzioni e operatori. È un problema complesso, che va dalle infrastrutture dell’aeroporto di Male al trasporto in idrovolante per raggiungere le isole alle immersioni nella barriera corallina. Le soluzioni vanno escogitate, il percorso è lungo, ma l’attenzione ormai è stata catturata. E conclude il Thompson: «Se ci siamo riusciti in un fazzoletto di sabbia, confido che, a maggior ragione, ce la faremo altrove».
Da The Travel News del 02/04/2023 di Sara Magro
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