La città di Sanremo non è soltanto il Palcoscenico del Teatro Ariston dove si svolge il Festival della canzone italiana, c’è anche un museo civico che ospita numerose opere d’arte tra cui un Rubens e una Villa Romana della Foce gestita dal FAI.
Il Museo Civico di Sanremo nella nuova sede di Palazzo Nota
Il monumentale edificio seicentesco di Palazzo Nota, un tempo luogo di residenza del commissario genovese e antica sede comunale, è stato interamente recuperato dopo un lungo lavoro di restauro che ha riportato alla luce, in tutta la loro bellezza, le ampie sale decorate con stucchi ed affreschi di epoca settecentesca.
Dal 30 dicembre 2016 Palazzo Nota ospita il Museo Civico di Sanremo, un tempo a Palazzo Borea d’Olmo, che raccoglie il ricco patrimonio archeologico, storico e artistico della città di Sanremo e del Ponente Ligure.
Al primo piano si trova la Sezione Archeologica che conserva le più antiche testimonianze del territorio sanremese a partire dall’epoca preistorica. I reperti archeologici sono qui perfettamente contestualizzati attraverso plastici e diorami che ricostruiscono tridimensionalmente gli ambienti del passato per coinvolgere il visitatore e suscitare il suo interesse.
Al secondo piano si può ammirare lo storico salone del Consiglio Comunale con gli affreschi settecenteschi in corso di restauro.
Nelle sale del secondo piano è stata allestita la Pinacoteca che conserva preziose opere pittoriche e scultoree dal 1600 fino all’età contemporanea. Tra le opere di maggiore pregio spiccano il dipinto Incoronazione di Santa Caterina d’Alessandria di Pieter Paul Rubens (1577-1640), un grande arazzo seicentesco della scuola fiamminga di Oudenaarde, un dipinto ad olio su carta di Maurizio Carrega (1737-1819) raffigurante l’Adorazione dei pastori, due opere del celebre ritrattista Giacomo Grosso (1860-1938) e una suggestiva Veduta di Èze di Edward Lear (1812-1888), pittore e poeta inglese vissuto a Sanremo tra il 1870 e il 1888.
Di grande interesse è la sala dedicata ad Antonio Rubino (1880-1964), pittore, scrittore, scenografo e celebre illustratore del Corriere dei Piccoli. La sala dedicata ad Antonio Rubino è un viaggio fantastico attraverso dipinti, teatri in miniatura, disegni a china, bozzetti per tessuti, scenografie e tanti altri lavori caratterizzati da uno stile inconfondibile. All’interno della Sala Rubino i visitatori possono assistere alla proiezione del primo cartone animato a colori in Italia, disegnato e diretto da Antonio Rubino e vincitore nel 1942 del Festival del Cinema di Venezia come miglior film d’animazione.
All’interno del percorso espositivo il visitatore può usufruire di percorsi multimediali che accompagnano gli utenti attraverso il racconto della storia di Sanremo, della sua arte e delle sue tradizioni.
Il nuovo museo, nella sede di Palazzo Nota, è stato progettato per diventare il Museo della Città, polo di richiamo per i sanremesi e per i turisti, con mostre temporanee, conferenze, eventi culturali, workshop e laboratori didattici.
Palazzo Nota – Il Palazzo del Commissario
L’edificio monumentale che ospita il Museo Civico risale al 1667 ed è stato progettato dall’architetto Pietro Antonio Corradi (1613-1683), che a Genova realizzò grandi progetti, tra cui Palazzo Balbi – Senarega, Palazzo Gio Carlo Brignole e Palazzo Rosso. Tutti gli affreschi e gli stucchi che decorano il palazzo sono di epoca settecentesca. Sopra l’ingresso principale spicca l’elegante blasone di Sanremo, scolpito da Gio Andrea Manni nel 1713.
Nel 1687 il palazzo divenne sede del Commissario Generale della Repubblica di Genova, che governava su tutta la Liguria occidentale. A partire dal 1794 l’edificio fu adibito a sede del Comune di Sanremo, sino al definitivo trasferimento degli uffici municipali a Palazzo Bellevue, avvenuto nel 1963.
Nel corso degli anni il palazzo ha assolto molte funzioni ed è oggi conosciuto in città come Palazzo Nota. Il complesso monumentale è intitolato ad un abile funzionario sabaudo, Alberto Nota, in carica dal 1823. Ricordato soprattutto come autore teatrale, Alberto Nota si è occupato a Sanremo di grandi opere di viabilità urbana.
Nel 2016 si sono conclusi i lavori di recupero del palazzo per ospitare le collezioni archeologiche e artistiche del Comune di Sanremo.
Nella Sala del Consiglio, al secondo piano, durante i lavori sono riemerse decorazioni murali settecentesche di soggetto naturalistico, che sono attualmente in fase di restauro e che conferiscono ulteriore fascino agli spazi espositivi.
Sezione Archeologica
La sezione archeologica del Museo Civico presenta le più antiche testimonianze del territorio sanremese e del suo comprensorio, documentando la frequentazione delle coste e delle valli della Liguria di Ponente fin dai tempi più antichi.
Nella prima sala, Sala della preistoria, sono esposti i reperti particolarmente significativi provenienti dalla Grotta della Madonna dell’Arma (Bussana a mare) e dal Giacimento di Via San Francesco, frequentati dall’Uomo di Neandertal (90.000 – 45.000 anni fa): raschiatoi, lame e coltelli “a dorso tipo San Remo” e numerosi resti di fauna di tipo caldo (Elefante antico, Rinoceronte di Merck, Ippopotamo) e freddo (Cavallo, Megacero).
La visita è arricchita da una ricostruzione della Grotta e da un suggestivo diorama.
Nella seconda sala, Sala delle sepolture, si possono visionare i materiali provenienti dal sito di Pian del Re (Perinaldo) e dalle Grotticelle sepolcrali eneolitiche della Valle Argentina. Tra gli oggetti appartenenti a questi ultimi contesti si possono ricordare i corredi dell’Arma della Grà di Marmo (Realdo) e la “torque” e i bracciali di bronzo rinvenuti nella grotta detta “Buco del Diavolo”, presso Realdo.
Nella sala sono esposti inoltre i reperti provenienti dalla necropoli ad incinerazione romana di Via dei Cappuccini a Sanremo. Di notevole interesse è il sigillo bronzeo “Urbicia Vivas” ritrovato in zona Solaro di Sanremo e riferibile alla presenza di una gens Urbicia nel territorio sanremese.
Nella sala sono esposti inoltre i reperti portati alla luce dallo scavo delle ville romane sanremesi: quella della Foce (imponente struttura residenziale con annesso impianto termale, che si estendeva in un vasto territorio allo sbocco in mare del torrente Foce) e quella di Bussana (con annesso complesso produttivo).
A riallestimento concluso, al termine del percorso, alcune vetrine ospiteranno i materiali medioevali e rinascimentali rinvenuti nel corso degli ultimi interventi in territorio cittadino, in particolare: nel complesso della Concattedrale di San Siro, sorto sull’antico insediamento urbano della Villa Matuciana; nella zona di Pian di Nave (Forte di Santa Tecla) da cui proviene un tesoretto di monete sei-settecentesche; nella Pigna.
Sezione Storica
La sezione storica, allestita nella terza sala della Pinacoteca, al secondo piano, offre alcune importanti testimonianze della storia cittadina.
Del periodo ottocentesco la sezione storica espone un’importante raccolta di cimeli e documenti garibaldini a testimonianza dello stretto legame tra Giuseppe Garibaldi e Sanremo, sua città d’adozione. Il nucleo più consistente di testimonianze garibaldine riguarda l’amicizia con la poetessa inglese Caroline Giffard Phillipson con la quale Garibaldi intrattenne per molti anni una fitta corrispondenza.
Tra i cimeli esposti figurano una ciocca di capelli che il generale inviò alla Phillipson il 22 agosto 1867, un copricapo e un portatabacco in velluto.
Pinacoteca
La Pinacoteca espone una ricca e preziosa raccolta di opere provenienti in gran parte dai lasciti delle antiche famiglie sanremesi Asquasciati e Ansaldi. La raccolta più significativa – per consistenza e valore artistico – è rappresentata dalla collezione di dipinti e stampe (dal Seicento al Novecento) del poeta Renzo Laurano (pseudonimo di Luigi Asquasciati 1909-1986) che documenta il gusto di una importante famiglia della borghesia illuminata tra Ottocento e Novecento.
Nelle prime sale è presente un’accurata scelta di paesaggi, ritratti, soggetti religiosi interpretati da pregevoli autori, tra i quali si evidenziano Pieter Paul Rubens (1577-1640), il pittore fiammingo Cornelio De Wael (1592-1667), residente a Genova fra il 1620 e il 1657, il genovese Domenico Fiasella (1589-1669), Maurizio Carrega (1737-1819), Carlo Giuseppe Ratti (1737-1795) e il pittore torinese Giacomo Grosso (1860-1938). Nella sezione dedicata all’arte religiosa del 1600-1700 spicca il grande arazzo seicentesco di manifattura fiamminga (scuola di Oudenaarde), realizzato in lana e seta e proveniente dalla collezione di Villa Ormond.
Altri lasciti ed acquisizioni recenti hanno permesso l’apertura al pubblico di tre sale dedicate alle opere realizzate tra Ottocento e Novecento da artisti che hanno operato a lungo nel territorio ligure cogliendone le atmosfere ed interpretandone le suggestioni. Apre l’esposizione la splendida Veduta di Éze di Edward Lear (1812-1888), pittore e poeta inglese vissuto a Sanremo dal 1870 al 1888. Oltre alla tela di Lear sono esposte le opere di Alberto Grosso (1860-1928), Alberto Beltrame (1892-1978), Antonio Discovolo (1876-1956), Aldo Raimondi (1902-1998), Luigi Stracciari (1900-1943), Giuseppe Balbo (1902-1980), che offrono un punto di vista del paesaggio ligure di grande potenza espressiva. Completano l’esposizione una serie di opere plastiche riferibili all’attività di scultori dei primi anni del Novecento: Vincenzo Pasquali (1871-1940), autore della statua della Primavera di Corso Imperatrice, il figlio Nello Pasquali (1912-2000), di cui vengono esposte due opere giovanili di influsso tardo-liberty, e Franco Bargiggia (1888-1966), le cui opere in bronzo furono esposte già alla fine degli anni Trenta in occasione dei Premi Sanremo.
Di grande interesse è la sala dedicata ad Antonio Rubino (1880-1964), pittore, scrittore e disegnatore sanremese, considerato il padre del fumetto italiano. Antonio Rubino è stato uno dei fondatori del Corriere dei Piccoli, con il quale ha collaborato per quasi cinquant’anni inventando personaggi indimenticabili come il bimbo Quadratino, il caprone Barbabucco, Caro e Cora, il capriccioso Cirillo e gli alunni del Collegio La Delizia. La sala dedicata ad Antonio Rubino è un viaggio fantastico attraverso scenografie, teatri in miniatura, disegni a china, bozzetti per tessuti e tanti altri lavori caratterizzati da uno stile inconfondibile. All’interno della Sala Rubino i visitatori possono assistere alla proiezione del primo cartone animato a colori in Italia, Nel Paese dei Ranocchi, disegnato e diretto da Antonio Rubino e vincitore nel 1942 del Festival del Cinema di Venezia come miglior film d’animazione.
L’ultima sala è dedicata all’arte contemporanea con opere di Cesi Amoretti (1929-1997), Giannetto Fieschi (1921), Enzo Maiolino (1926-2016), Eleonora Siffredi (1944), Sergio “Ciacio” Biancheri (1934), Elio Lentini (1938), Gabriele Karlo (1937-2010), Cristiana Fioretti (1966).
I manifesti
Nel Museo Civico è conservata una collezione, in continua crescita, di manifesti, locandine e volantini.
Una sezione comprende i manifesti pubblicitari del Festival della Canzone Italiana, dal 1980 al 2010.
Un centinaio di manifesti, locandine e volantini pubblicizzano eventi, mostre e manifestazioni nel territorio sanremese e limitrofo, dagli anni ‘50 ai giorni nostri.
È presente inoltre una sezione di 60 manifesti a tema politico (manifesti elettorali o di propaganda), datati per la maggior parte agli anni ‘70 del ‘900.
Tutti i manifesti e le locandine sono archiviati anche in formato digitale e il catalogo è consultabile presso il Museo Civico.
Il museo Civico di Sanremo è accessibile a persone con disabilità.
Dal sito del Museo Civico di Sanremo
La villa romana della Foce
esti della villa romana della Foce si trovano nei pressi del cimitero monumentale di San Remo, vicino allo sbocco a mare del Rio Foce. Il sito era noto dal Seicento, come ci tramandano notizie di eruditi locali. Secondo ipotesi prive di fondamento, cui tuttavia è stato dato credito fino agli inizi del XX secolo, la villa era identificata come Villa Matuciana, nome derivante da un toponimo che ricorda il centro principale di questa zona in epoca romana, verosimilmente da identificarsi con l’area urbana di San Remo. A seguito della segnalazione dell’Ispettore onorario ing. P. Agosti nel 1925 iniziarono le prime indagini archeologiche ad opera dell’archeologo P. Barocelli, il quale mise in luce alcuni ambienti, correttamente riconosciuti come parte di un impianto termale pertinente a una villa. Altri resti, forse sempre appartenenti a questo stesso edificio, vennero individuati più a ovest, presso il rio San Bernardo, mentre fu solo ipotizzata l’esistenza di resti sommersi della villa. Tre ambienti, quelli che oggi conservano i muri di maggiore altezza erano stati reimpiegati forse già dal XVII secolo per la costruzione di una casa rurale. Gli scavi e le ricerche sulla villa furono ripresi da N. Lamboglia nel 1937 e proseguirono nel 1962-63 sempre ad opera del Lamboglia dopo che l’area della villa era stata acquisita dal Ministero e dal Comune di San Remo. Venne così demolita la casa rurale e furono portati in luce una serie di altri vani. Più recentemente indagini subacque condotte dalla Soprintendenza hanno permesso di accertare che i presunti ruderi sommersi nel tratto di mare antistante alla villa sono in realtà degli affioramenti rocciosi naturali. La villa di Foce appartiene con tutta probabilità alla tipologia delle ville marittime, grandi residenze extra-urbane, dislocate in prossimità del mare. Al momento, sono visibili 12 ambienti: l’insieme del bagno (balneum) della villa, destinato all’uso esclusivo del proprietario; gli ambienti di riposo, affacciati sullo spazio aperto antistante, forse trattato a giardino; un vano di servizio connesso al funzionamento delle terme; il cortile scoperto; la latrina. In alcuni ambienti del bagno si conservano vari elementi dell’impianto di riscaldamento. Allo stato attuale della ricerca, è possibile proporre per la villa una datazione iniziale al I secolo d. C. sulla base della tipologia degli impianti di riscaldamento e per i reperti ceramici rinvenuti, dati per altro in accordo con la tecnica in opera cementizia con paramento in blocchetti rettangolari di arenaria e calcare (petit appareil), usata per la costruzione. I reperti ceramici, inoltre, ci testimoniano della continuità di uso di questo edificio sino al V – VI secolo d. C.
Dal sito del Ministero per i beni culturali e per il turismo
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