«Nel contesto di questa grave emergenza – scrive Ana Peláez Narváez, vicepresidente del Forum Europeo sulla Disabilità -, proponiamo alcune linee guida riguardanti le donne e le ragazze con disabilità d’Europa e le donne che si prendono cura di parenti con disabilità, rivolgendoci in particolare alle organizzazioni che tutelano i diritti delle persone con disabilità». E conclude così: «Noi, del Comitato Donne dell’EDF, siamo qui per voi, per lavorare in favore di tutte le donne e le ragazze con disabilità in Europa. Insieme batteremo il virus! Per te, per me e per tutti noi!»
Care sorelle
con disabilità in Europa e care donne del movimento europeo per la
disabilità, la crisi causata dal coronavirus ha portato le autorità di
molti Paesi ad adottare misure drastiche, applicando l’isolamento forzato per
controllare la diffusione e gestire e rafforzare drasticamente la capacità
sanitaria e le misure economiche. Si tratta di misure mai viste prima: non
abbiamo mai pensato che si sarebbe arrivato a questo.
Come EDF [Forum Europeo sulla Disabilità, N.d.R.] siamo
orgogliosi degli sforzi del movimento europeo per la disabilità e dei nostri
partner nell’aiuto umanitario ad altre organizzazioni per i diritti umani.
Lavoriamo tutti instancabilmente per garantire che politici e autorità
nazionali ed europee siano consapevoli di come il Covid-19 abbia
improvvisamente reso le persone con disabilità e le nostre famiglie ancora
più vulnerabili. Dobbiamo assicurarci che le stesse autorità nazionali,
europee e locali ci prendano in considerazione. Grazie a tutti! Ce la faremo!
Oggi, più che mai, penso alle molte donne e ragazze con disabilità che subiscono violenza domestica e sessuale a causa delle crescenti tensioni nelle loro case.
Sto pensando
alle donne che si prendono cura dei parenti (quasi sempre madri), che
sono confinate nelle loro case e soffrono di ansia perché sono sovraccariche di
compiti a causa della cancellazione dei servizi sociali.
Sto pensando alle donne anziane con disabilità, da anni
istituzionalizzate nelle case e nei manicomi, isolate e ignorate. In breve, sto
pensando al prezzo che le donne pagano e pagheranno durante e dopo questa
pandemia globale e, soprattutto, alle donne con disabilità e a quelle che si
prendono cura di parenti con disabilità. I nostri sforzi devono concentrarsi
anche su tutte loro.
Il 17 marzo
scorso, UN Women [l’Ente delle Nazioni Unite per l’Uguaglianza di
Genere e l’Empowerment Femminile, N.d.R.] ha pubblicato il documento Covid-19
in America Latina e Caraibi: come integrare le donne e l’uguaglianza di genere
nella gestione della risposta alla crisi (disponibile in lingua
inglese, francese e spagnola).
Esso esamina l’impatto del coronavirus sulla violenza contro donne e ragazze.
Avverte del maggior rischio di cadere vittime della violenza domestica durante
un contesto di emergenza come questo. Sottolinea che i sopravvissuti alla
violenza «possono affrontare ulteriori ostacoli per fuggire da
situazioni violente o per accedere a ordini protettivi o servizi essenziali che
possono salvare vite umane a causa di fattori come il blocco o la quarantena».
Evidenzia inoltre che «l’impatto economico della pandemia può creare ulteriori
barriere per lasciare una situazione domestica violenta e creare maggiori
rischi di sfruttamento sessuale».
Sono delusa dal fatto che l’unico riferimento di UN Women alla disabilità sia
quello ai caregiver, il cui ruolo nella gestione di questa crisi è certamente
cruciale; e tuttavia, dove si trova il 19,2% della popolazione femminile
totale? Dove sono le donne e le ragazze con disabilità?
Qui di seguito, dunque, come Comitato Donne dell’EDF, proponiamo alcune linee
guida rivolte in particolare alle organizzazioni che tutelano i diritti
delle persone con disabilità, per incorporare passaggi differenziati per genere
per donne e ragazze con disabilità e per le donne che si prendono
cura di parenti con disabilità nel proprio lavoro.
In occasione della Giornata Mondiale delle Persone con Sindrome di Down dello scorso anno, Marta Sodano, giovane donna con sindrome di Down, ha raccontato al Palazzo delle Nazioni Unite di New York la propria esperienza educativa
1. Garantire la disponibilità di dati disaggregati per sesso e disabilità durante la compilazione di informazioni all’interno delle organizzazioni e l’esecuzione di un’analisi di genere. Laddove possibile, inoltre, includere tassi di infezione differenziati, informazioni sugli ostacoli incontrati dalle donne quando accedono agli aiuti umanitari disponibili e sui tassi di violenza domestica e sessuale.
2. Includere la dimensione di genere nelle risposte offerte alle persone con disabilità, risposte che dovrebbero appunto differenziare le esigenze particolari delle donne e delle ragazze con disabilità, ma anche le esigenze specifiche che possono presentarsi all’interno di ciascun gruppo specifico di disabilità. Si tratta infatti di garantire a tutte le persone con disabilità che ne hanno bisogno di beneficiare dell’assistenza senza discriminazioni.
3. Coinvolgere le donne con disabilità in tutte le
fasi delle risposte e in tutti i processi decisionali all’interno delle varie
organizzazioni. Fortunatamente, molte di queste organizzazioni hanno già commissioni
o gruppi di lavoro delle donne, e quindi è possibile utilizzare questi
meccanismi per effettuare consultazioni efficaci.
Si possono anche creare reti informali per le donne che soffrono maggiormente
della crisi, quali donne istituzionalizzate, anziane, badanti ecc.
L’opportunità di interagire con queste donne tramite WhatsApp o i social media
può essere una vera e propria linfa vitale e un vero toccasana per loro.
4. Garantire che le donne con disabilità che lavorano nell’assistenza sanitaria, negli istituti residenziali o in altre strutture che forniscono servizi sociali, molte delle quali in ruoli di pulizia o di cucina, siano adeguatamente curate e protette di fronte a potenziali rischi di contagio. Per questo dobbiamo offrire supporto per migliorare l’accesso alle informazioni, ai dispositivi di protezione individuale e ai prodotti per l’igiene mestruale, oltre a promuovere metodi di lavoro flessibili.
5.
Promuovere
consultazioni dirette con le organizzazioni di donne con disabilità in merito
alla situazione delle donne e delle ragazze con disabilità, in particolare
rispetto alle loro esigenze e alle misure che devono essere prese per
affrontare la pandemia, assicurandosi che i loro pensieri, interessi,
contributi e proposte siano inclusi nelle risposte delle varie organizzazioni.
Sebbene non esistano organizzazioni di donne con disabilità in tutti i Paesi
europei, ve ne sono alcune di grande esperienza che possono fornire
supporto a chi ne può avere bisogno. In tal senso il Comitato Donne dell’EDF è
a totale disposizione ed è anche possibile consultare un elenco di organizzazioni di donne con
disabilità in tutta Europa.
6. Le organizzazioni locali di donne con disabilità o i gruppi di donne con disabilità dei vari territori e comunità devono essere supportate, per assicurarsi che i messaggi sulle strategie e le risposte di prevenzione siano accessibili e comprensibili e che raggiungano tutte loro. È essenziale, infatti, rafforzare la capacità di questi gruppi locali e informali di donne con disabilità, che sono cruciali per identificare e sostenere le donne e le ragazze con disabilità vittime della violenza.
7. Garantire l’accesso ai servizi di salute sessuale e riproduttiva, compresa l’assistenza sanitaria prenatale e postnatale per le donne con disabilità. A tal proposito è fondamentale offrire, in collaborazione con organizzazioni non governative specializzate, informazioni accurate e verificate alle donne in gravidanza con disabilità, ai loro partner e alle loro famiglie, per consentir loro di prendere decisioni responsabili in merito alla propria salute e a quella dei loro figli, riguardo al parto e alla nascita durante questo periodo di coronavirus, nonché sul diritto di dare il proprio consenso libero e informato a qualsiasi procedura chirurgica correlata alla nascita, come un taglio cesareo o una legatura delle tube.
8. Adottare misure utili a fornire un risarcimento diretto alle lavoratrici informali con disabilità, compreso il personale sanitario, il personale domestico, quello che lavora con i migranti e negli altri settori maggiormente colpiti dalla pandemia, in modo che possano continuare a generare reddito e mezzi di sussistenza. Dal canto suo, il movimento delle persone con disabilità dovrebbe identificare in modo specifico le madri single con disabilità e le responsabilità dei genitori, in modo da avere accesso prioritario al sostegno economico, al cibo, all’alloggio e ad altri tipi di supporto.
9. Promuovere politiche che consentano di riconoscere, ridurre e redistribuire il lavoro non retribuito di cura all’interno delle case, svolto principalmente dalle donne. Le organizzazioni del movimento delle persone con disabilità dovrebbero creare hotline gratuite, per offrire supporto psicologico a queste donne che sono spesso madri.
10. Garantire la disponibilità di servizi in risposta alla violenza contro le donne e le ragazze con disabilità o introdurli laddove attualmente non esistono. Vanno inoltre sviluppati nuovi metodi inclusivi e accessibili di erogazione del servizio nel contesto attuale, aumentando il sostegno alle organizzazioni specializzate di donne con disabilità, per essere in grado di fornire servizi di supporto locali e regionali.
Noi, del Comitato Donne dell’EDF, siamo qui per voi, per lavorare in favore di tutte le donne e le ragazze con disabilità in Europa. Insieme batteremo il virus! Per te, per me e per tutti noi!
Di Ana Peláez Narváez da Superando.it 25 Marzo 2020
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