Bardonecchia è importante nel 1871 anche per l’inizio del traforo che collega l’Italia alla Francia: ecco uno spaccato di storia dei trasporti su strada ferrata e successivamente anche stradale; una picciola anticipazione di quello che sarà l’Unione Europea.
Tra l’alta Valle di Susa e la Moriana, tra Italia e Francia, corrono le Alpi Cozie che hanno i loro più famosi picchi nell’inconfondibile Monviso, con i suoi 3.841 metri, e nell’Aiguille de Chambeyron, a 3.409 metri. Ma non tutti i massicci delle Alpi Cozie sono così conosciuti e battuti, anzi, alcuni attirano un numero decisamente minore di alpinisti e di escursionisti.
Tra questi c’è per esempio il Frejus, 2.936 metri d’altezza, la cui cima è raggiungibile dal versante italiano percorrendo dapprima una mulattiera e poi un versante detritico. All’inizio di questa mulattiera, a circa 1.750 metri, sorgono delle particolari costruzioni grigie, in cemento armato riportanti la scritta: sono i “Camini del Frejus”, ossia gli sfiati del tratto italiano del traforo stradale del Frejus che attraversa il massiccio da parte a parte, collegando la città di Modane, in Francia, con Bardonecchia, in Italia. Come è noto, però, la lunga galleria stradale non è l’unica opera di ingegneria costruita al di sotto di questo massiccio: più di un secolo prima, infatti, era stato scavato il traforo ferroviario del Frejus, all’epoca il più lungo tunnel del mondo.
Il traforo ferroviario del Frejus: la storia
Il primo traforo del Frejus, quello ferroviario, fu ideato da un imprenditore di Bardonecchia, Giuseppe Francesco Medail che presentò un progetto al re Carlo Alberto già nel 1840. Quel suo disegno venne trascurato, essendo forse fin troppo ambizioso per i tempi. L’idea venne però passata all’ingegnere belga Henri Maus. Anche lui, come del resto Medai, morì prima di vedere realizzato il progetto che passò nelle mani dell’ingegnere, nonché Ministro delle Finanze, Quintino Sella il quale dovette trovare una soluzione per l’areazione del tunnel. Con il traforo del Frejus si parla infatti di una lunghezza di 13,636 chilometri e mai nessuno prima di allora aveva pensato di costruire una galleria talmente estesa. Il progetto definitivo fu quindi rifinito da Geramain Sommeiler, da Sebastiano Grandis e da Severino Grattoni. La prima pietra fu posata nel 1857 da re Vittorio Emanuele II, dopo che lo stesso Cavour perorò la causa del traforo del Frejus. Il finanziamento iniziale concesso dalla casa regnante fu di 42 milioni.
A mettere a rischio l’opera fu, però, il corso della storia: nel 1860 il Regno di Sardegna, per compensare la Francia dell’aiuto dato durante la riunificazione, decise di concedere la Savoia agli alleati. Il tunnel, dunque, non era più da ambo le parti su territorio italiano, e fu necessario definire un accordo nuovo con i francesi. Questi misero sul piatto 19 milioni che sarebbero stati corrisposti solo ad opera completata entro un arco temporale di 25 anni.
I francesi promisero anche un premio che sarebbe aumentato di pari passo al diminuire dei tempi di costruzione del tunnel.Motivati dalla prospettiva del premio, gli italiani decisero di fare del loro meglio per accelerare i tempi, tanto che, quando il tunnel venne inaugurato nel 1871, i francesi dovettero pagare 26 milioni, coprendo il definitivo costo del traforo del Frejus che fu pari a 70 milioni.
La costruzione del tunnel non procedette senza problemi: i lavori furono accelerati senza ombra di dubbio dalla perforatrice automatica pneumatica messa a punto dai tre ingegneri che firmarono il progetto finale, ma non mancarono i contrattempi e, ovviamente, gli incidenti. Dei 4.000 operai impiegati 48 morirono durante i lavori (anche se va detto che 18 caduti sono da ricollegare all’epidemia di colera del 1964). Lo scavo del traforo fu seguito passo dopo passo e con vivo interesse dalla stampa mondiale. Con quel tunnel ferroviario si sanciva un nuovo passaggio per il treno Londra-Brindisi che in quegli stessi anni transitava faticosamente sulla Ferrovia del Moncenisio, realizzata poco prima proprio dagli inglesi e caduta poco dopo in disuso. Il tunnel del Frejus restò il più lungo al mondo fino al 1882, anno in cui venne sorpassato dalla Galleria ferroviaria del San Gottardo (15 chilometri) la cui costruzione partì nel 1972.
Quello ferroviario fu però solo il primo dei tunnel del Frejus: qualche decennio fa questa opera è stata affiancata da una seconda galleria.
Il traforo stradale del Frejus
Dal 1980, a fianco del Traforo ferroviario del Frejus, scorre anche un traforo stradale. Anch’esso collega Bardonecchia a Modane: a partire dalla sua inaugurazione, ha portato alla chiusura del servizio di trasporto automobili nella galleria ferroviaria ottocentesca. I lavori per la sua costruzione sono iniziati nel 1974, e quindi poco più di un secolo dopo rispetto all’apertura del parallelo tunnel ferroviario. Lungo 12,895 chilometri, il traforo stradale del Frejus è gestito da due società distinte: da parte francese la gestione è in mano alla SFTRF, mentre in Italia il traforo del Frejus è di competenza della SITAF. Tra i principali collegamenti tra Italia e Francia, durante i suoi primi vent’anni di vita il tunnel del Frejus ha visto il passaggio di oltre 20 milioni di veicoli.
Il futuro del traforo del Frejus
Per quanto riguarda il traforo stradale del Frejus, negli ultimi anni si è proceduto al raddoppio e dunque all’affiancamento di un secondo tunnel. I lavori sono iniziati sul versante italiano nel 2012, mentre in Francia gli scavi erano iniziati già nel 2009. La costruzione della seconda canna, seppur criticata da molte parti, è stata resa necessaria dal continuo aumentare del traffico lungo il traforo stradale del Frejus, nonché per aumentare i livelli di sicurezza. Fin dal terribile percorso avvenuto nel Traforo del Monte Bianco nel 1999, del resto, la sicurezza della galleria è stata migliorata in modo sostanziale.
Diverso il discorso per il traforo ferroviario del Frejus. In questo caso si parla di una costruzione decisamente vecchia, che per molti versi non rispetta le attuali normative di sicurezza. Nel 2005 il decreto sulla “Sicurezza delle gallerie ferroviarie” ha deciso che tutti i tunnel a una sola canna devono essere forniti di una finestra di accesso carrabile ogni 4 chilometri: la ferrovia del Frejus non possiede alcuna finestra di questo tipo e quindi alcuna vera uscita di sicurezza. Questo significa che a 15 anni dal decreto – nel 2020 – il traforo ferroviario del Frejus sarà di fatto fuorilegge. Quello stesso tunnel che, nel diciannovesimo secolo, fu uno dei principali orgogli ingegneristici del neonato Stato italiano.
Da We Digital Magazine
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