L’INTERVISTA Ci sono persone che hanno un’innata capacità di tirare fuori il meglio da ciascuno. È il caso di don Claudio Campa, sacerdote torinese di San Massimo, a Collegno, che ha fatto della propria disabilità lo strumento per “crescere” una parrocchia più accogliente e attenta alle fragilità. Il sacerdote è intervenuto al convegno “Quando la fragilità diventa forza” , atto finale delle iniziative diocesane promosse in occasione della ventottesima Giornata mondiale del malato. Gazzetta lo ha intervistato.
Quando ha scoperto la sua fragilità?
«Nel 2008, a ventuno anni dalla mia ordinazione. Durante la processione del Corpus Domini caddi improvvisamente e mi rialzai senza avvertire particolari problemi ma, su consiglio di alcuni medici presenti, effettuai dei controlli: mi venne diagnosticata la sclerosi multipla».
Qual è stata la reazione?
«Provai disagio, tristezza, scoramento e preoccupazione. Tentai di reagire subito e, considerato il mio ancora buono stato di salute, organizzai un pellegrinaggio in bici di 738 chilometri sul cammino di Santiago: si trattava di una sfida interiore per cercare di dare un senso a quanto era successo».
Nel 2012 la malattia progredisce e lei è costretto alla carrozzina. Come è riuscito a proseguire nel ministero?
«La fede, la vicinanza di alcuni amici e la consapevolezza di poter mantenere il mio ruolo di parroco sono stati fondamentali per recuperare entusiasmo e superare le numerose difficoltà. La mia fragilità è diventata un’opportunità che mi ha permesso di essere ancora più in contatto con le persone e attento alle loro difficoltà».
In parallelo cresce la sensibilità comunitaria, vero?
«Sì, insieme abbiamo abbattuto le barriere architettoniche della parrocchia; la Messa viene celebrata anche nel linguaggio dei segni e portiamo avanti una pastorale molto attenta ai temi della disabilità e della fragilità».
Quale obiettivo si pone per il futuro?
«Desidero continuare a dedicarmi agli altri, dando valore ai limiti di ciascuno. Non esiste persona che non abbia limiti, che non abbia fragilità. Imparando a rispettarle e valorizzarle si possono creare magnifiche occasioni di comunione. È ciò che, nel mio caso, accade all’Estate ragazzi e ai campi Scout, durante i quali bambini e ragazzi “rallentano” per tenermi al loro passo e avermi sempre con loro. Insieme si possono fare grandi cose».
Da http://gazzettadalba.it/-4 ore fa
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