L’ultimo decreto approvato dal Consiglio dei Ministri contiene, tra l’altro, tre misure che riguardano direttamente la disabilità: lavoro e permessi (congedi parentali e legge 104), chiusura dei centri diurni e prestazioni domiciliari. Per FFISH e FANDe va bene.
I caregiver: “Siamo abbandonati e senza forze”.
ROMA. Aumentano i giorni di permessi lavorativi previsti
dalla legge 104/199, così come le tutele per i lavoratori – con e senza
disabilità – in “sorveglianza attiva” e i congedi parentali; chiudono
i centri diurni; resta attiva – ma nel rispetto di tutte le misure di sicurezza
– l’assistenza domiciliare. Sono questi tre gli ambiti d’intervento, in materia
di disabilità, del decreto “Cura Italia” che il Consiglio dei
ministri ha approvato ieri sera. Misure a cui guardano con interesse tutte le
persone con disabilità e le loro famiglie, che al tempo stesso chiedono
chiarimenti su alcuni aspetti non ben definite. Evidenziamo dunque qui di
seguito cosa è stabilito in ciascuno di questi ambiti e ciò che invece resta da
chiarire, con l’aiuto dell’analisi pubblicata su HandyLex da Carlo Giacobini,
il quale precisa: “nel momento in cui andiamo in linea, il documento non è
ancora ufficializzato”. Se ne attende infatti la pubblicazione in Gazzetta
Ufficiale.
Permessi lavorativi (legge 104/1992) e non solo
“Il numero di giorni di permesso mensile retribuito coperto da
contribuzione figurativa di cui all’articolo 33, comma 3, della legge 5
febbraio 1992, n. 104, è incrementato di ulteriori complessive 12 giornate usufruibili
nei mesi di marzo e aprile 2020”: questo è quanto recita l’articolo 23 del
decreto che però lascia aperte alcune diverse interpretazioni: quella “più
favorevole è: a regime normale i giorni di permesso sono 3 mensili; con il
nuovo decreto saranno 15 mensili. Se ne aggiungono quindi 12 mensili – spiega
Giacobini – La seconda lettura, meno favorevole e condizionata da quel
‘complessive’ è che per marzo e aprile si aggiungano 12 giornate totali di
permesso. Il che significherebbe che il totale dei permessi sia: 3 (già
previsti a marzo) + 3 (già previsti ad aprile) + 12 (a distribuire fra marzo e
aprile) = 18 giorni totali di permesso fra marzo e aprile. Quale sia
l’interpretazione corretta – conclude – spetta solo al Legislatore dirlo;
peraltro non illumina nemmeno la lettura della relazione accompagnatoria al
decreto”.
Ma c’è un aspetto ancor più ambiguo e critico nell’articolo 23: “Il testo
del decreto si riferisce ai permessi previsti dal comma 3 dell’articolo 33
della legge 104/1992: sono le tre giornate (non i permessi ad ore) e sono
quelle concesse ai genitori e ai familiari di persone con disabilità grave
accertata e documentata. Propriamente i permessi ai lavoratori con disabilità
grave, invece, sono riconosciuti dal comma 6 dello stesso articolo 33. Ad una
lettura restrittiva la nuova disposizione non riguarderebbe i lavoratori con
disabilità. Ad una lettura estensiva il comma 6 in questione richiama a sua
volta il comma 3 oggetto dell’attuale estensione. Si tratta di un cono d’ombra
che verrà sanato, molto probabilmente nel modo più favorevole e anche logico
nei prossimi giorni – ipotizza Giacobini – Nei prossimi giorni verosimilmente
ci saranno anche indicazioni operative di Inps e della Funzione Pubblica se non
anche del ministero del Lavoro”.
Sempre in tema di lavoro, l’articolo 25 sulla “sorveglianza attiva dei
lavoratori” ha un impatto anche su quelli con disabilità: esso di fatto
equipara il periodo della cosiddetta “quarantena” al ricovero
ospedaliero retribuito e soprattutto prevede che l’assenza dal lavoro in questo
periodo “non sia computata ai fini del comporto, cioè di quel periodo di
assenze per malattia oltre il quale non si ha più diritto alla conservazione
del posto di lavoro e si può essere licenziati per eccesso di morbilità (malattia)
– spiega Giacobini – Lo stesso status (ricovero ospedaliero) viene riconosciuto
fino a fine aprile, indipendentemente dalla condizione di ‘sorveglianza
attiva’, anche ai lavoratori dipendenti pubblici e privati in possesso del
riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità ai sensi dell’articolo
3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n.104, nonché ai lavoratori in
possesso di certificazione ‘rilasciata dai competenti organi medico legali’,
attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti
da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita
anche se non sono in possesso della certificazione di handicap con connotazione
di gravità (basta il comma 1 dell’articolo 3)”.
I dubbi non mancano, anche in questo caso: “Quello più delicato è
sull’esatta individuazione dei ‘competenti organi medico legali’ chiamati a
rilasciare le attestazioni previste dal Legislatore – spiega Giacobini – La
lettura più coerente vorrebbe che siano i servizi di medicina legale delle Asl
anche se dal punto di vista operativo e di tempi ciò desta non poche
preoccupazioni”.
Per quanto riguarda i congedi parentali, il decreto ne introduce una nuova
formula rispetto a quelli tradizionali: tutti i genitori (anche affidatari)
hanno diritto a 15 giorni mensili retribuiti al 50% (anziché al 30% di altre
formule) per ogni figlio fino ai 12 anni, Ma nel caso di persone con disabilità
grave, viene meno il requisito dell’età, purché il figlio stesso sia iscritto a
una scuola o a
un centro diurno assistenziale.
Il decreto parla poi di “lavoro agile” o “smart working”:
per quanto riguarda la disabilità, l’articolo 38 prevede che in via eccezionale
(fino a fine aprile), i lavoratori dipendenti con disabilità grave o che
abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità grave, abbiano
diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile “salvo che
questo sia compatibile con le caratteristiche della prestazione”. Commenta
Giacobini: “Si tratta di un diritto piuttosto volatile e comunque limitato
alle situazioni in cui sia effettivamente possibile svolgere le proprie
mansioni in remoto. Un testo che, non marginalmente, è foriero di contenzioso
essendo piuttosto discrezionale la valutazione di quella ‘compatibilità'”..
Chiudono i centri diurni.
Di forte impatto la misura che prevede la chiusura dei centri diurni per
persone con disabilità, siano essi a carattere socio-assistenziale,
socio-educativo, polifunzionale, socio-occupazionale, sanitario e
socio-sanitario per persone con disabilità. “Annotiamo che sono
praticamente tutti ad esclusione dei centri di riabilitazione estensiva
ambulatoriali e simili”, osserva Giacobini, che precisa: “L’Azienda
sanitaria locale, può, d’accordo con gli enti gestori dei centri diurni (ma
solo quelli socio-sanitari e sanitari) attivare interventi ‘non differibili ‘
in favore delle persone con disabilità ad alta necessità di sostegno
sanitario,quanto la tipologia delle prestazioni e l’organizzazione delle
strutture stesse consenta il rispetto delle previste misure di
contenimento”. Quali siano però questi interventi “non
differibili”, “La norma non lo dice – osserva Giacobini – lasciando
quindi discrezionalità alle Asl”. Il decreto chiarisce inoltre che, per
tutta la durata dell’emergenza, l’assenza dal centro non potrà naturalmente
comportare la dimissione da esso. Come avviene in condizioni di normalità.
Assistenza domiciliare.
Il decreto affronta poi la questione dell’assistenza domiciliare, ma lo fa
“timidamente”, commenta Giacobini, “lasciando margini alle
amministrazioni”. Queste, secondo il decreto, sono chiamate, in questa
situazione di emergenza, a fornire prestazione individuali domiciliari, ma
“tenuto conto del personale disponibile” già impiegato in tali servizi.
In alternativa quelle prestazioni possono essere rese o a distanza o nel
rispetto delle direttive sanitarie negli stessi luoghi ove si svolgono
normalmente i servizi ma senza ricreare aggregazione e quindi
“assembramenti”. “Quei servizi si possono svolgere secondo priorità
individuate dall’amministrazione competente – riferisce Giacobini – tramite
co-progettazioni con gli enti gestori, impiegando i medesimi operatori ed i
fondi ordinari destinati a tale finalità, ‘alle stesse condizioni assicurative
sinora previsti, anche in deroga a eventuali clausole contrattuali,
convenzionali, concessorie, adottando specifici protocolli che definiscano
tutte le misure rispettino le indicazioni per il contenimento del
contagio”.
FFISH e FANDe “apprezzano” il decreto e ne “comprendono lacune e
imperfezioni da imputare alla convulsa emergenza”. Ma famiglie e caregiver
sono allo stremo: “Siamo abbandonati e senza forze, senza assistenza e
senza aiuti, soli con i nostri figli”
Da Redattore Sociale del 17.03.2020
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