Il Comitato di Bioetica della Repubblica di San Marino ha prodotto un importante documento, centrato sull’attuale emergenza sanitaria, che si occupa del trattamento medico nei confronti di pazienti di ogni età o con gravi disabilità. Esso stabilisce che l’unico criterio di cui tenere conto «non sia quello dell’età o della condizione di disabilità, ma quello delle condizioni cliniche di ogni persona». «Un documento – scrive Giampiero Griffo – che ribadisce con forza un concetto: noi persone con disabilità siamo cittadini come gli altri, che devono godere degli stessi diritti degli altri!».
Su richiesta del Governo Sammarinese il Comitato di Bioetica della
Repubblica di San Marino ha fornito un parere sull’eventuale selezione delle
persone da trattare in terapia intensiva: nessuna distinzione per età e
condizione di disabilità, ma solo sulle condizioni cliniche che ogni medico
deve valutare per decidere gli interventi di cura, così come stabilisce il
Codice Deontologico dei medici. I princìpi di non discriminazione e di
eguaglianza di opportunità si applicano a tutte le persone anche in situazione
di emergenza.
Nei giorni scorsi, le Raccomandazioni di etica clinica per l’ammissione a
trattamenti intensivi e per la loro sospensione, in condizioni eccezionali di
squilibrio tra necessità e risorse disponibili (disponibili a questo link),
diffuse dalla SIAARTI (Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e
Terapia Intensiva) e riguardanti le modalità di intervento in una situazione di
emergenza pandemica, con una valutazione delle risorse strumentali e logistiche
disponibili, aveva avviato un serrato dibattito tra i medici, e in particolare
tra gli anestesisti e i responsabili dei reparti di terapia intensiva.
Se le risorse di posti letto e di macchinari sono limitate, se si dovesse
scegliere chi assistere per primi, chi si dovrebbe “scartare” (per usare una
terminologia simile a quella di Papa Francesco)? I giovani o gli anziani? Le
persone “normali” o le persone con limitazioni funzionali gravi? Ebbene, il
triage (termine francese che indica il metodo della selezione) di valutazione
su coloro che dovessero essere selezionati negli interventi di terapia
intensiva, in situazione di emergenza e scarsità di risorse strumentali,
logistiche e di personale, dovrebbe includere, secondo le Raccomandazioni della
SIAARTI, le probabilità di sopravvivenza, le aspettative di vita, le comorbilità
severe, lo status funzionale, con l’ottica della «massimizzazione dei benefìci
per il maggior numero di persone».
Leggendo però fra le righe, le persone più colpite risulterebbero quelle
anziane (probabilità di sopravvivenza, aspettative di vita) e quelle con
disabilità (comorbilità severe, status funzionale, disabilità stessa).
Come detto, quindi, il Comitato Sammarinese di Bioetica – che dedica una
peculiare e costante attenzione alle tematiche della disabilità, inserendola in
tutti i documenti approvati – ha licenziato ieri, 17 marzo, un documento
all’unanimità (Risposta alla richiesta di parere urgente su aspetti etici
legati all’uso della ventilazione assistita in pazienti di ogni età con gravi
disabilità in relazione alla pandemia da Covid-19, disponibile integralmente a
questo link), su richiesta del Commissario Straordinario per l’Emergenza da
COVID-19 della Repubblica di San Marino, chiarendo che «solo il quadro clinico
deve essere utilizzato per valutare le condizioni dei pazienti».
Citando infatti la Dichiarazione Universale sulla Bioetica e i Diritti Umani
dell’Unesco, nonché la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con
Disabilità, il documento ricorda che i princìpi di base da applicare sono
quelli della non discriminazione e dell’eguaglianza di opportunità. Esso si
rifà in tal senso proprio alle Situazioni di rischio ed emergenze umanitarie
cui la Convenzione ONU dedica un apposito articolo (l’11°), che obbliga gli
Stati Parti ad adottare, «in conformità agli obblighi derivanti dal diritto
internazionale, compreso il diritto internazionale umanitario e le norme
internazionali sui diritti umani, tutte le misure necessarie per garantire la
protezione e la sicurezza delle persone con disabilità in situazioni di
rischio, incluse le situazioni di conflitto armato, le emergenze umanitarie e
le catastrofi naturali», richiedendo «agli specialisti sanitari di prestare
alle persone con disabilità cure della medesima qualità di quelle fornite agli
altri» (articolo 25).
Già in precedenza il Comitato di San Marino si era pronunciato su temi analoghi
in tre diversi documenti, vale a dire L’approccio bioetico alle persone con
disabilità (25 febbraio 2013), Bioetica delle catastrofi (10 luglio 2017) e La
persona malata nel momento della fine della vita (marzo 2019). Quindi, facendo
riferimento alla premessa delle Raccomandazioni prodotte dalla SIAARTI, che
riconducono i propri suggerimenti all’attuale pandemia da COVID-19 come a «uno
scenario […] sostanzialmente assimilabile all’àmbito della “medicina delle
catastrofi”», il Comitato stesso sottolinea che «unico parametro di scelta è la
corretta applicazione del triage, nel rispetto di ogni vita umana, sulla base
dei criteri di appropriatezza clinica e proporzionalità delle cure. Ogni altro
criterio di selezione, quale ad esempio l’età, il genere, l’appartenenza
sociale o etnica, la disabilità, è eticamente inammissibile, in quanto
attuerebbe una graduatoria tra vite solo in apparenza più o meno degne di
essere vissute, costituendo una inaccettabile violazione dei diritti umani».
Va ricordato, a questo punto, che i più recenti documenti delle Nazioni Unite
raccomandano, in questo tipo di situazioni emergenziali, di attivare gli
interventi sulla base del rispetto e della promozione dei diritti umani di tutti.
Così sono stati licenziati dall’ONU, nell’ottica degli aiuti umanitari e degli
interventi di emergenza, il Sendai Framework for Disaster Risk Reduction (2015)
e la Charter of Istanbul for Inclusion of Persons with Disabilities in
Humanitarian Action (2016). In base a quest’ultima, nel luglio 2019 un task
team dello IASC delle Nazioni Unite (Inter-Agency Standing Committee) ha
licenziato le Guidelines on the Inclusion of Persons with Disabilities in
Humanitarian Action, dopo un lavoro di due anni che ha coinvolto i maggiori
attori nel campo.
L’elemento che lega tutti questi documenti è quello di garantire che l’aiuto
umanitario sia rispettoso dei diritti umani di tutte le persone. Infatti,
l’approccio umanitario è stato basato, prima della Convenzione ONU, su un
intervento rapido che ha prodotto un prevalere di competenze di filosofie
vicine a quelle dei corpi militari o delle organizzazioni caritatevoli
(Esercito, Croce Rossa ecc.). Questa impostazione di tipo militare è basata
sulla limitazione delle perdite, quella caritatevole, invece, sull’idea che i
beneficiari degli interventi siano inabili e bisognosi unicamente di
assistenza. E anche l’approccio del triage*, la selezione di quali persone
dovrebbero essere assistite per prima, penalizza le persone con disabilità.
L’approccio cosiddetto caritatevole, inoltre, si basa tradizionalmente su un
intervento a due tempi nel primo dei quali vanno garantiti gli elementi
essenziali per il salvataggio e la prima accoglienza (cibo, salute e un luogo
di ricovero), mentre solo in un secondo momento vanno posti in essere
interventi relativi ad altri bisogni ritenuti “speciali”. E così, si è visto ad
esempio che i campi di accoglienza spesso non vengono resi accessibili a tutti
sin dall’inizio, che le specifiche esigenze dietetiche vengono ignorate, e che
le stesse toilette sono inaccessibili per mesi alle persone con disabilità e
anziane.
Gli elementi comuni di questi documenti sottolineano la partecipazione delle
persone con disabilità a tutte le fasi dell’emergenza; la formazione degli
operatori del sistema di emergenza sui diritti delle persone con disabilità e
sulle soluzioni tecniche da adottare; il superamento delle barriere e delle
discriminazioni in tutti gli àmbiti dell’emergenza (salvataggio, prima accoglienza,
accoglienza di lunga durata); il coinvolgimento delle persone con disabilità
beneficiarie degli interventi umanitari in tutte le attività comunitarie
(educazione, lavoro ecc.).
Questo quadro di princìpi è applicabile anche in una pandemia come quella
attuale: andrebbero cioè formati gli operatori del sistema di emergenza sui
diritti delle persone con disabilità e sulle soluzioni tecniche da adottare;
andrebbero superate le barriere e le discriminazioni in tutti gli ambiti
dell’emergenza (prima accoglienza, triage, appropriata assistenza alle persone
e alle famiglie) e costituite immediatamente, in ogni Regione, «Unità Speciali
atte a garantire l’erogazione di prestazioni sanitarie e socio-sanitarie a
domicilio in favore di persone con disabilità che presentino condizione di
fragilità o di comorbilità tali da renderle soggette a rischio nella
frequentazione dei centri diurni per persone con disabilità» (articolo 9, comma
2 del Decreto Legge 14/20, prodotto il 14 marzo scorso), dotandole di
appropriate risorse.
Il documento del Comitato Sammarinese di Bioetica si conclude con l’indicazione
doverosa che «il rispetto della dignità umana si concretizza permettendo ad
ogni persona di vivere una buona morte, attraverso il prezioso strumento delle
Cure Palliative, che garantiscono il controllo del dolore e della sofferenza,
nella profonda consapevolezza che la vita di una persona gravemente malata e
inguaribile non perde mai il suo valore intrinseco né il diritto ad essere
sostenuta e protetta. Pertanto anche alle vittime “non trattabili” va garantita
uguale dignità, attraverso la presa in carico e l’eventuale sedazione del
dolore».
Non c’è molto da aggiungere, se non che l’aggiornamento dei nostri
professionisti dovrebbe prevedere, come richiede la Convenzione ONU, una
formazione sui diritti umani e sulla stessa Convenzione, perché pregiudizi e
stigma antichi prevalgono nella percezione di chi siano le persone con
disabilità: noi siamo cittadini come gli altri e dobbiamo godere degli stessi
diritti degli altri cittadini!
*“Triage” è un termine francese che indica “cernita”, “smistamento”. È un
sistema utilizzato per selezionare i soggetti coinvolti in infortuni secondo
classi di urgenza/emergenza crescenti, in base alla gravità delle lesioni
riportate e del loro quadro clinico. Le persone con disabilità coinvolte in
disastri naturali e umani spesso non vengono assistite prioritariamente, anche
se ferite, e vengono soccorse dopo le altre.
Giampiero Griffo,
Presidente di DPI Italia (Disabled People’s International), organizzazione
aderente alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).
Su temi analoghi a quelli trattati nella presente Opinione, suggeriamo anche la
lettura dell’intervento intitolato Gli anestesisti e la legge del mare: “Prima
le donne e i bambini”, firmato da Marco Balistreri, ricercatore di Filosofia
Morale e Bioetica presso il Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’Educazione
dell’Università di Torino, per «Quotidiano Sanità.it» (disponibile a questo
link).
di Giampiero Griffo da Superando.it del 19.03.2020
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