CONSENTITI GLI SPOSTAMENTI PER ASSISTERE I NON AUTOSUFFICIENTI.
ROMA. C’è un dramma nel dramma. Lo si potrebbe chiamare “sos socialità” per i ragazzi con disabilità, di colpo limitata (e non senza conseguenze in termini di stress emotivo) tra le quattro mura di casa a seguito dell’emergenza Coronavirus. Perché se fino a qualche settimana fa la loro vita era scandita tra la scuola, per i più piccoli, e i centri diurni o le esperienze di avviamento all’autonomia come le case-famiglia, adesso tutto questo si è fermato. Di colpo. Lasciando le famiglie disorientate e con l’intero carico dell’assistenza dei propri figli disabili. Perciò, per dare risposta a chi ha in famiglia un non autosufficiente, arriva il vademecum con le domande più frequenti (anche nel linguaggio dei segni) che l’Ufficio per le politiche in favore delle persone con disabilità della Presidenza del Consiglio ha pubblicato sul suo sito.
Uno strumento in cui si spiega cosa prevedono per i disabili i DPCM in
materia di Covid-19, come ad esempio la possibilità di spostarsi per assistere
un non autosufficiente per lavoro o perché familiare, sempre da autocertificare
in caso dei controlli. Oppure, durante lo stop alle lezioni, la garanzia di
continuare ad avere a domicilio un assistente per gli alunni con disabilità
(anche se molto dipende dalla disponibilità del personale degli enti locali). O
ancora, si ricorda che con la chiusura dei centri diurni per disabili vengono
garantite le prestazioni sanitarie fondamentali coordinate dalle unità speciali
per l’assistenza sanitaria a domicilio che le regioni stanno attivando.
Questo sulla carta. Ma nella realtà?
«Siamo in una situazione da fronte, con difformità territoriali ampie anche
perché i casi sono molti e complessi» è l’esordio di Carlo Giacobini, direttore
di HandyLex.org, il portale di informazione legislativa sulla disabilità.
Tuttavia con altrettanta franchezza aggiunge: «La situazione si modifica in
meglio di ora in ora per garantire il più possibile ai disabili». Scuola,
salute e lavoro sono le tre grandi questioni che li riguardano, ma che si
intrecciano inesorabilmente con le restrizioni per evitare il contagio. Alcuni
dei disabili, ad esempio, avrebbero bisogno di un assistente accanto per poter
seguire una lezione online, così «molte famiglie chiedono che venga a domicilio
un educatore – racconta Giacobini – ma ci vuole molta cautela, perché così il
rischio è mettere a repentaglio la salute di due persone».
Quindi il problema più grande che hanno le famiglie adesso è assistenziale.
Ecco perché Giacobini propone che «le aziende facilitino il congedo di due anni
previsto dalla legge per i familiari che si occupano di un disabile» e si
estenda questo beneficio, «senza conteggiare nei due anni i giorni presi per
l’emergenza, anche ai lavoratori disabili». C’è ormai una certa sensibilità
delle aziende, «ancor più in questo momento particolare e di riorganizzazione
con il telelavoro», nell’agevolare le situazioni dei lavoratori disabili, ma ci
sono anche delle occupazioni che non si prestano allo smart working. «Ed è in
questi casi – continua l’esperto di legislazione – che occorre immaginare
tutele diverse per i disabili che lavorano negli uffici». Buone notizie,
invece, sul fronte della continuità delle cure a domicilio per i non
autosufficienti. «Non abbiamo notizie di interruzioni – rileva Giacobini – o di
omissioni di servizio per Covid-19 da parte di infermieri e fisioterapisti».
di Alessia Guerrieri da Avvenire del 12.03.2020
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