Secondo quanto riferisce la testata «Avvenire», è a dir poco drammatico ciò che sta accadendo alle persone con disabilità degli Stati Uniti. I primi dati parlano infatti di decessi causati dal coronavirus a un ritmo cinque volte superiore a quello del resto della popolazione ed è salito a venticinque il numero degli Stati che permettono agli ospedali di non fornire un respiratore ai malati cronici o a chi presenta minorazioni fisiche o mentali. «Una civiltà che pianifica chi sta sopra e chi sta sotto è terribile», era stato scritto pochi giorni fa su queste pagine. Purtroppo sta succedendo.
È ancor più inquietante di quanto si potesse temere ciò che sta accadendo alle
persone con disabilità degli Stati Uniti, secondo quanto riferisce Elena
Molinari sulla testata «Avvenire», in un articolo dal titolo a dir poco
sinistro (Strage di disabili negli Stati Uniti).
Già nelle scorse settimane, per altro, la stessa Molinari, come avevamo
segnalato anche sulle nostre pagine, aveva lanciato l’allarme sulla scelta di
molti Stati USA, durante l’attuale emergenza sanitaria, di non curare persone
con diverse disabilità per consentire la cura delle altre persone.
Ora la corrispondente di «Avvenire» rende noti i dati secondo cui le persone
con disabilità negli States «stanno morendo di Covid-19 a un ritmo cinque volte
superiore a quello del resto della popolazione. Ed è salito a venticinque il
numero degli Stati che permettono agli ospedali di non fornire un respiratore
ai malati cronici o a chi presenta minorazioni fisiche o mentali. Se infatti le
Associazioni di persone con disabilità avevano già spinto l’Alabama a eliminare
dalle sue linee guida la frase “le persone affette da ritardo mentale sono candidati
improbabili per la ventilazione assistita”, nei giorni scorsi altri quindici
Stati si sono aggiunti ai dieci che avevano invitato gli ospedali a razionare i
respiratori, facendo passare “in fondo alla fila” chi necessita di “una
maggiore quantità di risorse”, o ha ricevuto diagnosi specifiche, fra le quali
quella di demenza».
«I primi dati sulla mortalità delle persone con disabilità durante la crisi da
coronavirus – prosegue Molinari – mettono in evidenza quanto una categoria già
vulnerabile sia esposta al nuovo virus, a causa delle condizioni di vita in
strutture dove l’isolamento è difficile o del contatto frequente con personale
sanitario o di supporto che introduce il virus nelle case degli assistiti. E
sottolineano anche come condizioni di salute non ottimali rendano ardua la
battaglia con la malattia».
A tal proposito si cita ad esempio il caso dei residenti di una struttura per
persone con disabilità intellettiva di Long Island, nei pressi di New York,
dove l’80% di loro sarebbe risultato positivo al coronavirus e una percentuale
simile si sarebbe registrata in varie strutture del Massachusetts e del
Michigan. In Louisiana, inoltre, è morta per il coronavirus la trentatreenne
April Dunn, presidente del locale Developmental Disabilities Council, che aveva
protestato contro le linee guida del proprio Stato sull’accesso ai respiratori
per le persone affette da malattie croniche.
«Mentre dunque si trovano ad affrontare una probabilità quintuplicata di morire
di Covid-19 – conclude l’articolo di “Avvenire” – le persone con disabilità
americane continuano a lottare contro regole discriminatorie sull’accesso alle
cure intensive, stilate dai Parlamenti o dalle Amministrazioni locali».
«Una civiltà che pianifica chi sta sopra e chi sta sotto è terribile», aveva
scritto su queste colonne Antonio Giuseppe Malafarina. Purtroppo sta
succedendo.
Da Superando.it del 16.04.2020
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