La biblioteca comunale di Viterbo cade a pezzi…

La biblioteca comunale di Viterbo cade a pezzi…

La biblioteca comunale di piazza del Teatro a Viterbo cade a pezzi, con centomila libri antichi a rischio. Duecento metri lineari di archivio distribuito su 1100 metri quadrati di superficie spacchettati in una quindicina di stanze. La storia della città. Nel silenzio più assordante. Tranne quello del commissario della biblioteca, Paolo Pelliccia, che da anni denuncia invece la situazione proponendo anche progetti per salvare un patrimonio di inestimabile valore che, se va avanti così, andrà certamente in fumo. Tra i pochi, Pelliccia, che nell’anno del Covid s’è preoccupato di mettere in salvo manoscritti, incunaboli e pergamene, tra questi anche il documento del Conclave e una lettera del poeta Giacomo Leopardi. Spostando i fondi antichi da sottoscala pieni di umidità dove sono stati per anni e che, oggi, vuoti, fanno venire i brividi solo a guardarli, e a pensare che là dentro ci sono stati testi risalenti a secoli fa.

Ma occorre andare con ordine. La biblioteca comunale degli Ardenti è chiusa da marzo. Inizialmente per il Covid, poi perché comune e consorzio delle biblioteche hanno vinto un bando della Regione Lazio per l’abbattimento delle barriere architettoniche. Verrà fatto un ascensore la’ dove c’è la rampa di scale e rifatti gli impianti elettrici e di riscaldamento, bagni inclusi. La biblioteca è chiusa e non riaprirà per i prossimi mesi. Nel frattempo, però, alla fine dell’anno scorso è venuto giù un pezzo del controsoffitto al secondo piano con l’acqua che sarebbe entrata un po’ dappertutto. In sale dove pare ci fossero documenti poi messi in salvo. Buttando poi l’occhio al soffitto del secondo piano della biblioteca, un po’ ovunque ci sono crepe piuttosto vistose. Vivili e comune hanno fatto i sopralluoghi del caso. La struttura non sarebbe pericolosa ma il suggerimento pare sia stato quello di rifare comunque sia il tetto, sorretto ancora oggi da travi che somigliano tanto a quelle delle case delle nonne. Il comune si sarebbe impegnato ad intervenire cercando i finanziamenti necessari in bilancio.

Sempre nel frattempo, il commissario Pelliccia ha spostato fondi antichi, libri e documenti dalle stanze al piano terra che, vuote, mettono ben in evidenza lo stato allucinante in cui erano conservati i testi storici della città di Viterbo. Umidità, muffa, cavi e calcinacci. Adesso i libri stanno di nuovo prendendo respiro, ma pare abbiano subito dei danni.

La biblioteca comunale di piazza del teatro è gestita da un consorzio partecipato da comune e provincia. Commissario del consorzio è Paolo Pelliccia. Provincia e regione hanno siglato anche una convenzione con cui la Regione si impegna a sostenere le attività della biblioteca. Le biblioteche a Viterbo sono due. Una sta a viale Trento, di fronte alla stazione dei treni di Porta Fiorentina. Una biblioteca di pubblica lettura con testi di letteratura e saggistica contemporanea. Ristrutturata da cima a fondo nel corso degli ultimi anni. 

La biblioteca comunale è invece una biblioteca di conservazione dove è depositato anche l’archivio storico della città. Ci sono pergamene antiche e manoscritti. Incunabuli, seicentine e, tra le altre, una parte moderna sulla storia locale. Prima del Covid era aperta dal lunedì al venerdì, dalle 9 alle 19. Da marzo è chiusa. Riaprirà dopo i lavori di abbattimento delle barriere architettoniche. Molto probabilmente prima del 2022 non se ne parla. Nel frattempo, però, è possibile consultare i documenti su prenotazione. 

I libri messi in salvo da Pelliccia, e da 9 dipendenti del Consorzio, più 4 distaccati dalla regione, sono stati portati al primo piano, tutti i libri antichi, e in parte nella caserma dei vigili del fuoco di Viterbo vicino Santa Maria in Gradi. Le sale sono com’erano 60 anni fa. Immobili. Con qualche innesto di scaffalature metalliche più recenti. Anche divieti e richiami appesi alle porte sono d’epoca. E durante quest’ultimo anno, spostando i libri, è venuto fuori un apparecchio di almeno 40 anni fa per le timbrature mattutine dei dipendenti. 

Palazzo Santoro è sede della biblioteca comunale di Viterbo dal 1956. Prima stava a Palazzo Pocci in via Matteotti, bombardato durante l’ultima guerra. I documenti sono stati spostati prima nella sede della Banca d’Italia in via Marconi poi al liceo classico di via Tommaso Carletti. Infine sono arrivati tutti a piazza del teatro dove, fino a qualche anno fa, in un garage di via San Bonaventura, una traversa della piazza, c’era pure un’emeroteca spostata adesso al primo piano della biblioteca provinciale di viale Trento.

Sono parte della biblioteca comunale anche due spazi poco conosciuti, inaccessibili al pubblico e completamente inutilizzati. La loggia che si affaccia su piazza del Teatro e una terrazza di diversi metri quadri che dà invece sul centro storico a nord della città e su una delle piazze più degradate di Viterbo.

La piazza degradata è piazza Campoboio, dove c’è un’altra uscita di Palazzo Santoro. Un parcheggio in mezzo a ruderi e lamiere, in faccia al palazzo dell’Inps. Recentemente il comune ha dato una ripulita e sono venute fuori delle scalette che sembrano di pietra e che puntano dritte verso gli scantinati della biblioteca, oggi del tutto inaccessibili.

Una biblioteca dimenticata dalle istituzioni, ma dove sono conservati fondi antichi, manoscritti, incunaboli, pergamene e 70 mila volumi antichi. Dall’anno mille al XIX secolo. Per consultarli bisogna prendere appuntamento e motivare la richiesta. Una biblioteca che vive grazie a chi ci lavora e che, quotidianamente, evita il peggio per il patrimonio culturale conservato. Il tutto senza fondi adeguati e un direttore che ha scelto di non prendere indennità di alcun tipo e che per conto suo, trovando i soldi necessari per conto suo, ha ridato dignità alla biblioteca provinciale di viale Trento. E vinto, assieme al comune, il bando per l’abbattimento delle barriere architettoniche. Adesso pare stia cercando anche un locale idoneo dove spostare i libri antichi della comunale messi in salvo dalle spelonche al piano terra.

Infine il nome. Si chiama biblioteca comunale degli Ardenti perché il primo fondo librario fu lasciato ai viterbesi dall’accademia degli Ardenti. Un’accademia di liberi pensatori nata nel 1502, portando avanti studi di scienze e letteratura. Gli Ardenti furono i primi a fondare una biblioteca pubblica a Viterbo. In città c’erano già diverse biblioteche monastiche, tuttavia accessibili. Gli Ardenti sono stati i primi a fondare una biblioteca aperta a tutti. Con una sala lettura per istruire la popolazione. 

Da Tuscia Web 7/2/2021 di Daniele Camilli

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