Come sarà il futuro del Museo Marino Marini di Firenze? A Fase 2 ormai inaugurata continua la nostra inchiesta che interroga direttori e presidenti di Musei cercando di approfondire opportunità e sfide del tempo post Covid-19. Patrizia Asproni, presidente del museo toscano annuncia la riapertura al 15 giugno e nel frattempo pone alcuni interrogativi a proposito del Decreto Rilancio in materia di cultura…
Come avete salutato la notizia di una possibile riapertura?
Il fatto che molte attività possano riaprire è un segnale positivo. I musei sono percepiti come luoghi “safe”, quindi offrire la possibilità di visitarli è anch’esso un fatto positivo. Il “come” è fondamentale affinché questa percezione sia confermata.
Quando
aprirete?
Il Museo
Marini aprirà dopo il 15 giugno, insieme ai cinema e ai teatri. È importante
essere prudenti, preparati e poter aprire in totale sicurezza.
Avete
ricevuto delle linee guida o dei criteri di base per ciò che concerne le
tecniche di distanziamento sociale e la sicurezza dello staff?
Seguiremo,
come tutti, i protocolli nazionali e regionali. Il museo Marino Marini
ha la fortuna di avere spazi amplissimi e luminosi, mantenere la distanza
fisica non sarà un problema. Ovviamente lo staff sarà dotato di tutti i
dispositivi di precauzione sanitaria e ai visitatori verranno date tutte le
informazioni per una visita in sicurezza, confortevole, piacevole e rilassata
nel museo. Nella Cappella Rucellai avevamo già adottato prima del Coronavirus
modalità di visita calmierata per ragioni di tutela e ridurremo ancora il
numero dei visitatori in compresenza, aumentando gli orari di apertura.
Quali
saranno le prime azioni che porterete avanti?
Cambieremo
certamente gli orari e probabilmente anche i giorni di apertura. Stiamo
lavorando a delle simulazioni per definirli al meglio, in modo da formulare
un’offerta di visita “tailor made” per cittadini e i turisti di prossimità.
Come pensi
che cambierà il rapporto tra museo e spettatore?
Credo che
per il museo non cambierà molto. Il Marino Marini di Firenze si era già
posizionato, per scelta, come il museo della città e dei cittadini. Tutta la
programmazione era volta al coinvolgimento del “vicinato” e i dati ci avevano
premiato. Nel 2019 avevamo avuto un aumento della frequentazione del 44%,
composta per la stragrande maggioranza di fiorentini.
State
cercando di aprire un dialogo con il Ministero? Con che richieste?
Il museo
Marino Marini è una Fondazione. Più che chiedere qualcosa al Ministero vorremmo
essere liberati dalle pastoie burocratiche, vorremmo non dover ottemperare ad
orpelli amministrativi che comportano inutili costi e inutile perdita di tempo.
Cosa salvi
dei tuoi piani precedenti e cosa pensi che invece ormai sia irrecuperabile e
irrimediabilmente obsoleto?
Abbiamo creato,
caso unico nel panorama internazionale, la figura del Visiting Director:
ogni anno il direttore di un grande museo diventa il Direttore del Marino
Marini, con una sua programmazione e portando esperienze internazionali che
arricchiscono il Museo. Nel 2020 la direzione è stata affidata a Fatma
Nait-Yghil direttrice del Museo Nazionale del Bardo di Tunisi, che ha
incentrato il suo programma sulla donna e l’arte nel mediterraneo e
sulla cultura come ponte fra i popoli. Spero che possa venire presto a Firenze
per dare vita al suo programma. Il Playable Museum Award, con un grant di
10mila euro per un progetto di museo “playable”, coinvolgente e innovativo, è
per definizione proiettato sul futuro. Il premio quest’anno è andato ad una
giovane donna, Greta Attademo, che in autunno ospiteremo per avviare il suo
progetto vincitore, “Origaming”.
Al Marini non abbiamo niente di obsoleto.
Quali sono
le urgenze, a tuo parere, fondamentali per la ripartenza dell’intero settore
dell’arte?
Il settore
dell’arte e della cultura è fondamentale per la ripresa del Paese. Si ha invece
l’impressione che non ci sia questa consapevolezza. I fondi destinati alla
cultura sono insufficienti e soprattutto non vediamo un progetto a medio lungo
termine. La Germania ha varato un “piano Marshall” per la cultura da 50
miliardi di euro, con una proiezione non solo emergenziale ma di sviluppo.
Ecco, vorrei che anche il nostro governo avesse fatto lo stesso. La grandezza
di un Paese si vede dalle sue scelte strategiche. Se l’Italia non capisce che
il patrimonio culturale è il suo capitale, non vedo come si potrà parlare di
ripresa.
–Santa Nastro di Artribune
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