La storia di Carugate

La storia di Carugate

Nucleo della futura Carugate fu senza dubbio un insediamento gallo-romano analogo a quello di molti altri della zona; purtroppo non ne rimangono tracce, se non nel nome del paese.

Esso venne menzionato per la prima volta in un documento scritto ufficiale nel diploma con cui il 22 Febbraio 1045, in Augusta, Re Enrico III di Germania confermò a favore dei monaci di San Dionigi di Milano tutti i beni che aveva loro lasciato l’Arcivescovo Ariberto di Intimiano. Secondo lo storico vimercatese Dozio, nel 1098 venne ricostruito il monastero femminile situato nella cascina S. Ambrogio, oggi territorio di Brugherio, dove in epoca tardo romana avrebbe avuto una villa santa Marcellina, sorella del grande vescovo Ambrogio. Il monastero, cui erano intestate molte terre carugatesi, secondo alcune fonti difficilmente confermabili sarebbe stato abitato dalle benedettine. Si sa con sicurezza che nel 1362 le monache brugheresi (o, quantomeno, le terre a loro intestate) vennero unite dal governo visconteo alle Umiliate del convento milanese di Santa Caterina; quest’ultimo nelle fonti, almeno dal ‘500, veniva detto “alla Chiusa”, perché situato nella zona dei Navigli. Un’altra data significativa è il 1386: in quell’anno i Visconti, Signori di Milano, avocarono alla giurisdizione diretta della capitale l’estrema porzione sud occidentale dell’antica Pieve di Vimercate, cioè il centro cui da tempo immemorabile era legato il territorio della parrocchia di Carugate da un punto di vista amministrativo ed economico, oltre che religioso. Dopo il 1386 il paese (come anche altri piccoli centri contigui) allentò le dipendenza da Vimercate e anche il carico fiscale cui era soggetto. Da un documento del 3 Maggio 1392 si deduce che Carugate insieme ad altre terre vicine (Pessano, S. Maria Molgora, Valera e Bornago) erano state infeudate ad Ettore, uno dei numerosi figli di Bernabò Visconti; il dominio dei suoi discendenti fu però di breve durata. All’epoca la densità era bassa, e frazionata in diverse cascine; le difficoltà d’irrigazione inducevano a coltivare una minima parte delle terre, in gran parte ancora coperte da boschi cedui che fornivano legname e cacciagione (specialmente lepri e uccelli). Un secolo più tardi la situazione risultava notevolmente cambiata: sia a causa dei primi effetti benefici sull’economia del nostro territorio dovuti alla recentissima costruzione del Naviglio della Martesana, sia soprattutto a causa dell’ambizioso progetto di un gruppo di proprietari terrieri di Concorezzo, Agrate, e tre importanti cascine del territorio di Brugherio (Baraggia, S. Ambrogio e Pobbia) alla cui testa si erano posti un funzionario ducale di origine senese, Siglerio Gallerani, e il figlio Fazio, collaboratore di Ludovico il Moro e nuovo proprietario di gran parte delle terre di Carugate. Poiché a quell’epoca il fiume Lambro era già fin troppo sfruttato dai comuni rivieraschi per il prelievo di acque destinate ad alimentare dei mulini e ad irrigare le campagne, i Gallerani ottennero di poter aprire una nuova Roggia dimostrando di immettere una pari quantità d’acqua a monte, da alcuni terreni montuosi e improduttivi acquistati proprio a tale scopo dalle parti di Erba. La Roggia Gallerana iniziava nell’attuale comune di Villasanta, passava per Concorezzo e dopo la cascina Offelera di Agrate (di proprietà dei Gallerani) si ripartiva in vari rami, andando a toccare le cascine sopra indicate, ma soprattutto il centro di Carugate; da cui poi le acque residue giungevano sino alla parte settentrionale del territorio di Cernusco. 

La presenza di questo canale da un lato consentì nei secoli seguenti di incrementare la produzione agricola locale (in particolare dopo la piantagione dei gelsi, nutrimento dei bachi da seta), dall’altro rappresentò un fattore di equilibrio e stabilità per quanto concerne la proprietà fondiaria: tutti gli utenti della Roggia Gallerana, infatti, avevano definito accordi minuziosi, di cui qualunque nuovo proprietario terriero doveva tenere conto; e ciò, naturalmente, scoraggiava i potenziali acquirenti. La Roggia provocò un mutamento nel “baricentro” del paese: prima il nucleo abitato di Carugate  s’era sviluppato in prossimità dell’incrocio tra la strada di collegamento ovest-est derivata dall’antica strada militare romana tra Milano, Crescenzago e Vimercate e diretta al torrente Molgora (attuali vie XX Settembre e Battisti) ed un’altra strada meno importante, che si collegava con Monza; dopo l’arrivo dei Gallerani, la direttrice nord-sud divenne più importante, e lungo essa si realizzò l’attuale piazza Manzoni, all’epoca un semplice slargo. Secondo una leggenda riportata solo nell’800, nel 1575 avrebbe fatot sosta a Carugate (e apprezzò l’acqua di un pozzo tuttora esistente) il re Enrico III di Valois (1551/1589), di ritorno in Francia dalla Polonia. Pochi anni più tardi anche Carugate venne interessato dalle riforme poste in atto in campo religioso, ma anche amministrativo, all’arcivescovo Carlo Borromeo: fu lui a costituire per Carugate una parrocchia autonoma, creando le premesse per la formazione sul territorio di un ente autonomo con una propria personalità giuridica, e quindi in grado di “coagulare” attorno a sè un piccolo patrimonio fondiario. Non a caso la nascita della parrocchia era stata a lungo richiesa da Galeazzo Gallerani, il discendene di Fazio il quale fece decorare riccamente la Villa, principale edificio storico del paese. Con la nascita della parrocchia la piccola antica chiesetta di S. Maria Addolorata, forse sede di un insediamento degli Umiliati, venne “declassata” a santuario, mentre divenne sede della parrocchia la chiesa dedicata a S. Andrea, che sorgeva in prossimità delle maggiori residenze nobiliari del paese.  Alla fine del XVII secolo la supremazia della famiglia Gallerani (i cui vari rami già da tempo si erano spartiti le terre appartenute a Fazio) sembrava praticamente cessata. In paese nel ‘600 oltre ad alcune famiglie parenti dei gallerani, come i Caimi e i Baroni, poi Ghezzi, avevano acquistato vasti possedimenti anche i Fedeli e gli Agrati. Furono tuttavia i Besozzi, una agiata famiglia di proprietari terrieri milanesi ad acquistare nel 1690 dal governo spagnolo il novello titolo feudale istituito per Carugate, sull’esempio di quanto era avvenuto o stava avvenendo in altri centri della nostra zona dopo la fine della linea diretta dei principi Trivulzio, da secoli feudatari di gran parte della Martesana. Si trattava di una misura ormai anacronistica, quasi priva di un reale significato politico ed economico, dettata dal desiderio di un Governo in perenne deficit di ricavare qualche soldo da ricche famiglie ansiose di entrare nei registri della nobiltà. I Besozzi si decisero ad acquistare il feudo di Carugate forse per ripiego, non potendo più aspirare a Cernusco (dove gli altri proprietari terrieri avevano versato una somma per liberarsi in perpetuo dal rischio che il paese venisse infeudato a qualcuno). A Carugate la famiglia ampliò una delle principali dimore signorili sorte sulla piazza del paese (forse un tempo appartenuta ai Rabia) e assunse il controllo di molte delle terre irrigate dalla Roggia Gallerana. Ebbero tuttavia il torto di non legarsi politicamente ai nuovi padroni di Milano, gli austriaci, che nella seconda metà del ‘700 si dimostrarono piuttosto severi nel trattare certa pretesa “nobiltà”. In quegli anni, e fino ai primi decenni del XIX secolo (corrispondenti al dominio napoleonico) il principale ruolo attivo tra i proprietari carugatesi fu assunto da Gaspare Ghirlanda, il quale non a caso divenne il referente del Consorzio tra gli utenti della Roggia Gallerana. Nel 1812 la popolazione era di circa 1.200 abitanti, divenuti 1500 nel 1854. A quell’epoca il paese s’era relativamente sviluppato, tuttavia la principale attività non prettamente agricola era la prima lavorazione (poco complessa, ma anche poco remunerativa) dei bozzoli di seta. Nonostante questi limiti, l’industria serica locale intorno alla metà dell’800 era considerata abbastanza remunerativa da attrarre nuovi investimenti da parte di ricchi milanesi, le cui proprietà (come del resto quelle dei Ghirlanda) erano disseminate in vari comuni del nostro territorio. In particolare ricordiamo il conte Carlo della Somaglia, che acquistò i terreni ad ovest del paese, e ampliò la villa oggi destinata a sede del Comune, e il nobile Giorgio Giulini, divenuto proprietario per eredità familiare di quanto restava delle proprietà di alcuni membri della famiglia Gallerani. Suo figlio Benigno, morto nell’anno 1900 quand’era sindaco del paese, fu un patriota ed un personaggio dalla vita abbastanza avventurosa. A quell’epoca a Carugate si erano sviluppate alcune attività artigianali ancor oggi molto diffuse, come la lavorazione degli infissi di legno e quella dei serramenti metallici.   Il primo problema per tanti contadini trasformatisi in imprenditori improvvisati era quello di ottenere adeguati finanziamenti, in un’epoca in cui il sistema bancario era del tutto insufficiente persino in centri molto più grandi di Carugate; ed è senza dubbio un motivo di vanto ricordare che proprio qui sorse, nel 1897, la prima Cassa Rurale del Circondario di Monza (che comprendeva all’epoca 90 comuni). Questo esperimento fu fortemente condizionato dall’essere un’iniziativa “di parte”, cioè delle organizzazioni cattoliche che, a pochi decenni dalla presa di Roma, erano considerate ancora da molti esponenti delle classi dirigenti come “eversive”. Quando gli sforzi per la “Conciliazione” trovarono finalmente la loro conclusione, durante il pontificato di Pio XI (cui i carugatesi, com’è noto, sono molto legati perché egli abitò alcuni anni in paese), l’Italia si trovava pienamente inserita nel sistema economico fascista, che non vedeva di buon occhio le esperienze del “credito cooperativo”; questa piccola banca, come altre nel frattempo sorte in Brianza, dovette chiudere i battenti agli inizi degli anni ’30. 

Dopo la II Guerra Mondiale, un periodo triste in cui tuttavia non mancarono le prove di coraggio di tanti carugatesi, sia tra i giovani “rastrellati” dai nazifascisti che tra quelli aderenti alla Resistenza, ancora una volta il clero locale si assunse l’incarico di coordinare le forze di tanti piccoli e medi operatori economici, e nel 1953 sorse in paese una seconda Cassa Rurale (oggi Banca di Credito Cooperativo di Carugate) la quale fu effettivamente una protagonista dello sviluppo del territorio, specie per quanto riguarda l’artigianato e l’industria. 
                                                                                                                        a cura del prof. Francesco Ronchi

dal sito del Comune di Carugate

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