Asl veneta condannata al risarcimento per mancata assistenza..
Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 1/2020 ha aperto la strada a un principio innovativo, anche se già suggerito dalla Corte Costituzionale (sentenza 80/2010) e applicato dai Tar (ad esempio Tar Napoli, sentenza 5668/2019) per consentire l’assunzione anche in deroga a tempo determinato di insegnanti di sostegno per i disabili. LA SENTENZA
I disabili vanno assistiti e basta. La loro assistenza non può dipendere né
dalle risorse finanziarie disponibili, né dai posti presso le strutture
semiresidenziali.
A deciderlo è il Consilio di Stato con la sentenza n. 1 del 2 gennaio 2020
sull’incompleto inserimento di un minore (3 giorni su 5) in un centro diurno,
perché l’Asl non aveva disponibilità economiche e si era limitata a formare una
lista di attesa, erogando un contributo parziale, previsto dalla Regione Veneto
a sostegno delle disabilità.
Il fatto.
I genitori di un minore disabile al 100% e non autosufficiente, hanno chiesto
l’annullamento del provvedimento del 25 ottobre 2017 con il quale l’Azienda
U.L.S.S. N. 6 del Veneto aveva rigettato la loro istanza-diffida del 25
settembre 2017 per “l’immediato inserimento del minore in un Centro Diurno al
fine di permetterne la tempestiva fruizione” e a ottenere dall’Azienda il
risarcimento dei “danni, patrimoniali e non patrimoniali, cagionati e
cagionandi per un importo non inferiore a 25.000 euro”.
L’Azienda sanitaria, respingendo la richiesta, ha sostenuto di essere “tenuta a
garantire i livelli essenziali di assistenza socio sanitaria nel rispetto dei
vincoli di bilancio assegnati annualmente dalla Regione e dalla Conferenza dei
Sindaci”.
Il Tar aveva dato ragione all’azienda, sostenendo che anche il diritto alla
salute deve essere bilanciato e contemperato con altri beni di rilevanza
costituzionale (come in questo caso l’equilibrio del bilancio pubblico e, in
particolare, del bilancio regionale), ma il Consiglio di Stato non è dello
stesso avviso.
La sentenza.
Secondo i giudici “poiché l’interessato è stato privato fino a luglio 2018 di
quel grado di assistenza socio sanitaria a cui aveva diritto al fine di
consentirne un adeguato sviluppo educativo, di socializzazione, di occupazione,
di costruzione della sua condizione di autonomia, tenuto conto delle sue gravi
condizioni, il provvedimento impugnato va dichiarato illegittimo”.
Per quanto riguarda la limitatezza di risorse che avrebbe portato l’Azienda a
costituire liste di attesa, il Consiglio di Stato sottolinea tra l’altro che
“le norme a tutela dei disabili, in un quadro costituzionale che impone alle
Istituzioni di favorire lo sviluppo della personalità, risultano essenziali al
sostegno delle famiglie e alla sicurezza e benessere della società nel suo
complesso, poiché evitano la segregazione, la solitudine, l’isolamento, nonché
i costi che ne derivano, in termini umani ed economici, potenzialmente
insostenibili per le famiglie; inoltre, l’inserimento e l’integrazione sociale
rivestono fondamentale importanza per la società nel suo complesso perché
rendono possibili il recupero e la socializzazione”.
A questo si aggiunge, per il diritto costituzionale alla salute, il diritto
“a prestazioni positive” basato su norme costituzionali di carattere
programmatico (C. Costituzionale n. 218 del 1994).
E’ un “diritto soggettivo pieno e incondizionato, ma nei limiti e secondo le
modalità prescelte dal legislatore nell’attuazione della relativa tutela, ben
potendo detti limiti e modalità essere conformati dai condizionamenti che lo
stesso legislatore incontra nella distribuzione delle risorse finanziarie
disponibili (Corte Costituzionale n. 309 del 1999, n. 432 del 2005 e n. 251 del
2008; CASS sez. III, 27/03/2015, n.6243).
Il Consiglio di Stato, dopo aver ricordato i meccanismi per il finanziamento
del fondo disabili della Regione Veneto, ha ritenuto, come si legge nella
sentenza, “che l’affermato principio dell’equilibrio di bilancio in materia
sanitaria, ribadito in più occasioni anche dalla giurisprudenza di questo
Consiglio non possa essere invocato in astratto, ma debba essere dimostrato
concretamente come impeditivo, nel singolo caso, all’erogazione delle
prestazioni e, comunque, nel caso in cui la disabilità dovesse comportare
esigenze terapeutiche indifferibili, il nucleo essenziale del diritto alla
salute deve essere salvaguardato (Corte costituzionale n. 304 del 15 luglio
1994)”.
In questo senso “l’Azienda sanitaria intimata avrebbe dovuto dimostrare
concretamente di non avere avuto risorse disponibili nel periodo ottobre
2017/luglio 2018 per l’assolvimento dell’obbligo di prestazione nei confronti
del disabile, al quale era stata riconosciuta una totale disabilità e la
necessità dell’inserimento in un Centro diurno per l’inefficacia del percorso
scolastico con insegnante di sostegno”.
Il Consiglio di Stato “non ritiene sufficiente a tal fine la mera dichiarazione
contenuta nel provvedimento impugnato ‘di aver esaurito i posti nel centro
diurno’; occorrerebbe la dimostrazione dell’inesistenza di fondi di bilancio a
cui attingere anche per una forma di assistenza indiretta, presso Centri
privati, mediante rimborso alla famiglia del costo necessario a consentire
l’adeguato sostegno socio-educativo: i compiti programmatori ed esecutivi che
le norme regionali richiamate pongono a carico della azienda sanitaria possono
ritenersi assolti diligentemente solo se sia stata tempestivamente attivata
ogni forma di aggiornamento informativo circa la necessità di ulteriori risorse
affinché nel riparto annuale del Fondo la Giunta Regionale possa provvedere
opportunamente a integrazioni rese necessarie per le sopravvenienze”.
Non è sufficiente, secondo i giudici che la struttura organizzativa esistente
sia inadeguata a rispondere alle esigenze dell’utenza a far ritenere diligentemente
esercitato il potere-dovere in capo all’Ente.
L’Ente pubblico semmai dovrebbe dimostrare che non vi sono alternative
organizzative e di essersi, comunque, adoperato in ogni modo per trovarle o
reperire ulteriori risorse finanziarie.
Secondo il Consiglio di Stato “non è dimostrato che il contributo di 700 euro
mensili per ICDp (impegnative di cure domiciliari), per assistenza extra Lea,
finalizzato a finanziare attività di assistenza e sostegno alla persona o
integrativi e di educazione, che è stato utilizzato per l’inserimento di 3
giorni a settimana nel centro diurno, non potesse essere incrementato
tempestivamente in misura tale da consentire il pieno inserimento settimanale
del ragazzo”.
Secondo i giudici, quindi, una volta individuate le necessità dei disabili
tramite il Piano individualizzato, “l’attuazione del dovere di rendere il
servizio comporta l’attivazione dei poteri -doveri di elaborare tempestivamente
le proposte relative all’individuazione delle risorse necessarie a coprire il
fabbisogno e, comunque, l’attivazione di ogni possibile soluzione
organizzativa”.
Per questo il diniego dell’Asl “deve ritenersi illegittimo” e le stesse
considerazioni valgono a ritenere fondata la domanda di risarcimento del danno
derivato “dall’illegittimo diniego, sussistendo i profili di colpa evidenziati
nella gestione dei poteri organizzativi per il reperimento delle risorse atte a
dare adeguata assistenza al disabile nel periodo ottobre 2017/luglio 2018”.
Secondo il Consiglio di Stato il danno patrimoniale e non patrimoniale “può
quantificarsi equitativamente, tenendo anche conto delle considerazioni svolte
dall’Azienda e del parziale sostegno corrisposto, nella misura di euro 10.000,
oltre interessi legali e rivalutazione a decorrere dalla liquidazione e fino al
soddisfo effettivo”.
Per quanto riguarda le spese di giudizio, anche queste sono a carico dell’Asl
“e si liquidano per entrambi i gradi di giudizio in euro 5.000, oltre accessori
di legge”. In più, l’Azienda va anche condannata alla refusione del contributo
unificato sostenuto dai ricorrenti.
Il Consiglio di stato ha quindi censurato l’Azienda sanitaria veneta perché non
poteva negare prestazioni eccependo carenza di risorse: non bastava dichiarare
“di aver esaurito i posti in centri diurni”, perché avrebbe dovuto dimostrare
l’inesistenza di fondi di bilancio dai quali attingere anche per una forma di
assistenza indiretta, presso Centri privati, mediante rimborso del costo
necessario a consentire l’adeguato sostegno socio educativo.
Da Quotidiano Sanita’ del 04.01.2020
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