Il campione di nuoto che ha perso l’uso delle gambe in una sparatoria per scambio di persona, racconta cosa vuol dire vivere a Roma con una disabilità. «Io sono fortunato, ma per altri significa essere tagliati fuori dalla vita sociale».
«Ho provato a raggiungere il Colosseo in carrozzina ma è stato impossibile». Manuel Bortuzzo, il campione di nuoto che ha perso l’uso delle gambe dopo essere stato ferito in una sparatoria per scambio di persona, racconta cosa vuol dire vivere a Roma con una disabilità. «Io sono fortunato, ma per altri significa essere tagliati fuori dalla vita sociale. Qualche mese fa ho fatto la “Iena per un giorno” in un video per la Tv mettendomi nei panni di un ragazzo o una ragazza qualsiasi in sedia a rotelle che magari hanno voglia di passare un pomeriggio al Colosseo, così come è accaduto per la turista americana che i vigili sono stati costretti a portare in braccio».
disabile aiutato dai vigili sulla scala colosseo
Colosseo, la scala mobile (in salita) non funziona e in uscita non esiste: i vigili urbani aiutano un disabile
E quali difficoltà ha incontrato? «
Totale impossibilità di accesso in 4 fermate della metro su 5. Siamo partiti da “Libia”: scale mobili sbarrate per lavori, montacarichi insistenti, ascensori fuori servizio. Così ci siamo spostati 800 metri più avanti ad Annibaliano: anche qui ascensore non funzionante, lavori sulle scale mobili, impossibile raggiungere i binari».
Quindi si è arreso?
«Io ho molta forza nelle braccia e nonostante questo, ho cominciato a sentire la stanchezza. E anche a demoralizzarmi, perché durante il percorso tra un punto e l’altro non ho visto un negozio, un bar. C’era anche un parrucchiere, dove non si poteva entrare. Ma non ho voluto arrendermi anche se credo che qualcun altro sarebbe già tornato indietro. Invece proseguiamo verso Bologna: le quattro entrate non prevedono i disabili e l’ascensore al centro della piazza era rotto. Quindi Policlinico, stessa situazione e finalmente, dopo 4 chilometri, a Castro Pretorio riesco a prendere la metro ma poi arrivato al Colosseo e rimango prigioniero nel sottosuolo. Sono costretto a riprendere la metro e al Circo Massimo, dove il montascale funzionava, sono finalmente riuscito a vedere la luce».
Come si è sentito dopo questo percorso?
«Uno schifo. Non è giusto, anche perché i servizi ci sono, bisognerebbe farli funzionare, averne cura. Ma poi quando senti il sindaco, perché sono stato anche da Gualtieri, che dice ci vorrà qualche anno per superare molte barriere architettoniche, è dura. Uno fa di tutto per superare le proprie difficoltà, ci sono dei momenti in cui ti convinci che puoi avere una vita piena e poi la città, il contesto, ti conferma il contrario. Anche io, finché sono con gli amici, faccio tutto insieme a loro, non mi pesa troppo la mia condizione, ma quando vengo escluso da una situazione, magari per colpa di due scalini all’entrata di un palazzo, sto male».
Ha detto che si sente «fortunato» rispetto ad altri ragazzi con disabilità.
«Io sono molto indipendente, sono un’atleta, con la carrozzina riesco a fare anche dei salti e poi vado ovunque in macchina. E soprattutto, ora che mi sto allenando per le Paraolimpiadi, ho conosciuto persone straordinarie, magari senza braccia, nè gambe che mi insegnano ogni giorno ad amare la vita».
Da Corriere Roma del 17 marzo 2023 di Flavia Fiorentino
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