Far toccare con mano un’opera d’arte a un non vedente. E’ una delle attività a cui sta lavorando l’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti, che già da prima della pandemia stava organizzando questo singolare tipo di visita guidata. Tra le attività svolte c’è l’aver insegnato a ben 70 bambini ad accompagnare un cieco.
Com’è possibile far sentire un’opera d’arte a un non vedente? «L’educazione estetica – spiega Valentina Borella dell’Uici – rivolta ai disabili visivi prevede una approfondita conoscenza del tatto e della mappatura delle funzioni cerebrali. L’accessibilità alle opere d’arte avviene attraverso spiegazioni dettagliate dell’opera, sia essa pittura o scultura, con riferimenti topologici e spaziali. E’ necessario che si offra alla persona non vedente o ipovedente una guida alla lettura tattile dell’opera. Si tratta di un accompagnamento simile a una danza sincrona di posizioni, movimenti, dinamiche, tali da offrire l’accesso alla rappresentazione in una modalità dinamica e funzionale. Rendere accessibile la pittura significa promuovere e attivare un comportamento percettivo, cognitivo e immaginativo dinanzi all’opera d’arte, per motivi culturali, pedagogici, cognitivi, umani. Il dipinto viene tradotto in un bassorilievo prospettico, realizzato artigianalmente e progettato per rendere esperibili tattilmente e comunicabili concetti spaziali visivi» Anche un bambino può accompagnare un non vedente? «Sì. Un paio d’anni fa abbiamo collaborato con il museo dei Grandi Fiumi al progetto Sensibilmente. Ai bambini furono insegnate le tecniche di accompagnamento dei non vedenti: le sperimentarono in coppia a una visita alla sezione Capanna di Frattesina del Museo, con esplorazione tattile delle riproduzioni. E’ stato un percorso biennale, nel primo anno l’educazione alla diversità ha visto i bambini e le loro famiglie scoprire la possibilità di vedere con le mani. Il secondo anno abbiamo riprodotto la capanna di Frattesina e i suoi utensili in un libro tattile». Rovigo è una città a misura di non vedente? «L’ambiente urbano non è pensato per non vedenti: alle barriere architettoniche si aggiungono quelle percettive. Manca il coinvolgimento di esperti di disabilità visiva nella progettazione degli spazi urbani e il coinvolgimento dell’Unione Italiana dei Ciechi ed Ipovedenti».
di Giacomo Capovilla da Il Resto del Carlino del 4/11/2020
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