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Quando c’è una corsia preferenziale per l’installazione dell’ascensore?

Il condomino disabile può effettuare l’intervento a sue spese e l’assemblea non ha il potere di opporsi

L’ascensore che risulti indispensabile al condomino disabile per poter godere appieno del proprio appartamento rientra fra le opere che possono essere realizzate a spese proprie, nell’esercizio dei diritti di cui all’art. 2 della legge n. 13/89 e all’art. 1102 c.c..

L’assemblea, che può essere legittimamente chiamata a esprimersi circa la realizzazione a spese del condominio degli interventi necessari al superamento delle barriere architettoniche, non ha invece il potere di opporsi alla realizzazione di tale impianto a spese integrali del condomino disabile, con conseguente nullità di un siffatta deliberazione, in quanto relativa a un oggetto che non rientra nelle proprie competenze.

Questo il contenuto della sentenza n. 18 pronunciata dal Tribunale di Novara lo scorso 10 gennaio 2019.

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Il fatto concreto.

Nel caso di specie una coppia di condomini ultrasessantacinquenni proprietari di un appartamento sito al terzo piano di un edificio privo di ascensore , consapevoli del fatto che gli altri comproprietari non erano interessati a valutare l’installazione dell’impianto, avevano informato l’amministratore della propria intenzione di procedere autonomamente in tal senso, facendolo costruire a proprie spese, non essendo nemmeno possibile pensare alla soluzione alternativa di un servoscala, essendo le scale troppo strette.

=> Il condòmino disabile e le barriere architettoniche: soluzioni e superamento

Nel frattempo l’amministratore aveva portato la questione in assemblea e i condomini si erano espressi in senso contrario alla realizzazione di tale impianto, ritenendo anche che il richiedente non fosse in possesso dei requisiti di disabilità di cui alla legge n. 13/89 sull’abbattimento delle barriere architettoniche .

Indispettiti dall’atteggiamento dell’assemblea, i due condomini avevano allora impugnato la delibera in questione, chiedendo in ogni caso l’accertamento del proprio diritto – sulla base dell’art. 2 della legge in questione o, comunque, sulla base di quanto previsto dall’art. 1102 c.c. – a installare un ascensore a uso esclusivo, sostenendone interamente i costi, utilizzando il sedime condominiale nella porzione necessaria a costruire il citato manufatto e aprendo una porta nel muro maestro del condominio per accedervi.

L’installazione dell’impianto di ascensore nell’edificio che ne sia privo.

Con la legge n. 13/89 il Legislatore ha inteso incentivare gli interventi volti all’abbattimento delle c.d. barriere architettoniche negli edifici già esistenti.

Si definisce barriera architettonica qualunque elemento costruttivo che impedisca, limiti o renda difficoltosi gli spostamenti o la fruizione di servizi, con particolare riferimento alle persone con limitata capacità motoria o sensoriale.

In particolare, l’art. 2, comma 1, della legge in questione – che oggi deve intendersi sostituito dalla previsione dell’art. 1120, comma 2, c.c. – ha previsto delle maggioranze inferiori a quelle ordinariamente necessarie per approvare interventi di natura innovativa, proprio allo scopo di renderne più semplice l’approvazione.

In questa sede occorre però evidenziare come il comma 2 del menzionato art. 2 della legge n. 13/89 preveda ulteriormente che nel caso in cui il condominio rifiuti di assumere, o non assuma entro tre mesi dalla richiesta fatta per iscritto, la deliberazione finalizzata all’abbattimento di una barriera architettonica, i soggetti diversamente abili, ovvero chi ne esercita la tutela o la potestà, possano installare, a proprie spese, servoscala o strutture mobili e facilmente rimovibili e possano anche modificare l’ampiezza delle porte d’accesso, al fine di rendere più agevole l’ingresso agli edifici, agli ascensori e alle rampe dei box.

Nella specie, come evidenziato dal Tribunale di Novara, il dubbio maggiore era quindi rappresentato dal fatto che l’ascensore potesse essere qualificato come una struttura mobile e facilmente rimovibile.

=> È legittimo il servoscala anche dopo la scomparsa del disabile?

Tuttavia lo stesso Tribunale di Novara ha evidenziato come la giurisprudenza di legittimità si sia espressa ormai più volte sul fatto che l’impianto di ascensore finalizzato alla eliminazione delle barriere architettoniche debba essere annoverato fra quelli indispensabili per l’effettiva abitabilità dell’appartamento e che, di conseguenza, ove il condominio non dia il via libera alla realizzazione dell’intervento, possa provvedervi anche il singolo condomino interessato, assumendone integralmente le spese, utilizzando le parti comuni a norma e nei limiti di cui all’art. 1102 c.c. (Cass. civ. n. 7752/95, n. 14096/2012, n. 7938/2017).

In particolare, il Tribunale di Novara ha richiamato un precedente di legittimità (Cass. civ. n. 6129/2017) nel quale, in un caso simile a quello oggetto di causa, era stata cassata la sentenza di secondo grado che aveva ritenuto l’illegittimità della costruzione dell’ascensore da parte del condomino disabile insistente su parte di aree comuni proprio sul presupposto che l’impianto di ascensore sarebbe stato manufatto diverso dal servoscala o, comunque, da struttura mobile e facilmente amovibile e perciò non sarebbe rientrato nel disposto dell’art. 2, comma 2, della legge n. 13/89.

La decisione del Tribunale di Novara.

Sulla base di quanto sopra, il Giudice piemontese ha ritenuto che il disposto dell’art. 2, della legge n. 13/89, debba essere interpretato nel senso che la costruzione dell’ascensore – a patto che l’impianto sia indispensabile per poter godere del proprio appartamento – rientri fra le opere che il singolo condomino portatore di disabilità può realizzare a spese proprie, in conformità al disposto del comma secondo di tale articolo.

Diversamente, dovrebbe infatti ritenersi che tale norma, a dispetto del proprio scopo, stabilirebbe una disciplina più restrittiva di quella prevista in via generale dall’ordinamento con l’art. 1102 c.c..

Nel caso concreto, autorizzata una consulenza tecnica d’ufficio – la quale aveva evidenziato l’impossibilità oggettiva di realizzare un servoscala e aveva confermato la fattibilità del progetto presentato dalla coppia di condomini, escludendo problemi dal punto di vista statico e del decoro architettonico dell’edificio (limiti dei quali occorre comunque tenere conto, giusto quanto previsto dall’art. 1120 c.c.) e considerando che lo stesso garantisse un equo contemperamento fra l’interesse di questi ultimi e quelli della restante compagine condominiale – il Tribunale ha quindi accolto la domanda della coppia di condomini.

Il Giudice ha infatti evidenziato come l’edificio condominiale, senza subire danni sotto il profilo estetico e con inconvenienti ridotti al minimo, sotto il profilo della riduzione di spazi e delle mura da abbattere, avrebbe anzi subito un beneficio sotto il profilo dell’aumento di valore.

In ogni caso, nell’ottica di una doverosa prospettiva di bilanciamento di interessi orientata alla solidarietà condominiale, la soluzione in questione risultava imposta dalla circostanza che non risultavano fattibili altre tipologie di interventi per garantire ai condomini una piena libertà di movimento da e per il proprio appartamento.

Da evidenziare, infine, come il Tribunale di Novara abbia accolto la domanda di declaratoria della nullità della delibera condominiale che si era espressa in senso contrario alla realizzazione dell’impianto di ascensore, in quanto assunta su un oggetto non rientrante nei poteri dell’assemblea.

Infatti, si legge nella sentenza, se quest’ultima può essere legittimamente chiamata a esprimersi circa la realizzazione a spese del condominio degli interventi necessari al superamento delle barriere architettoniche , deve al contrario ritenersi che esuli totalmente dalle proprie attribuzioni l’inibizione al singolo condomino dell’esercizio dei diritti che lo stesso ritenga spettargli a norma dell’art. 2 della legge n. 13/89 e dell’art. 1102 c.c..

L’ascensore che risulti indispensabile al condomino disabile per poter godere appieno del proprio appartamento rientra fra le opere che possono essere realizzate a spese proprie, nell’esercizio dei diritti di cui all’art. 2 della legge n. 13/89 e all’art. 1102 c.c..

L’assemblea, che può essere legittimamente chiamata a esprimersi circa la realizzazione a spese del condominio degli interventi necessari al superamento delle barriere architettoniche, non ha invece il potere di opporsi alla realizzazione di tale impianto a spese integrali del condomino disabile, con conseguente nullità di un siffatta deliberazione, in quanto relativa a un oggetto che non rientra nelle proprie competenze.

Questo il contenuto della sentenza n. 18 pronunciata dal Tribunale di Novara lo scorso 10 gennaio 2019.

=> Posto auto sempre garantito anche per il disabile-condòmino inabile alla guida

Il fatto concreto.

Nel caso di specie una coppia di condomini ultrasessantacinquenni proprietari di un appartamento sito al terzo piano di un edificio privo di ascensore , consapevoli del fatto che gli altri comproprietari non erano interessati a valutare l’installazione dell’impianto, avevano informato l’amministratore della propria intenzione di procedere autonomamente in tal senso, facendolo costruire a proprie spese, non essendo nemmeno possibile pensare alla soluzione alternativa di un servoscala, essendo le scale troppo strette.

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Nel frattempo l’amministratore aveva portato la questione in assemblea e i condomini si erano espressi in senso contrario alla realizzazione di tale impianto, ritenendo anche che il richiedente non fosse in possesso dei requisiti di disabilità di cui alla legge n. 13/89 sull’abbattimento delle barriere architettoniche .

Indispettiti dall’atteggiamento dell’assemblea, i due condomini avevano allora impugnato la delibera in questione, chiedendo in ogni caso l’accertamento del proprio diritto – sulla base dell’art. 2 della legge in questione o, comunque, sulla base di quanto previsto dall’art. 1102 c.c. – a installare un ascensore a uso esclusivo, sostenendone interamente i costi, utilizzando il sedime condominiale nella porzione necessaria a costruire il citato manufatto e aprendo una porta nel muro maestro del condominio per accedervi.

L’installazione dell’impianto di ascensore nell’edificio che ne sia privo.

Con la legge n. 13/89 il Legislatore ha inteso incentivare gli interventi volti all’abbattimento delle c.d. barriere architettoniche negli edifici già esistenti.

Si definisce barriera architettonica qualunque elemento costruttivo che impedisca, limiti o renda difficoltosi gli spostamenti o la fruizione di servizi, con particolare riferimento alle persone con limitata capacità motoria o sensoriale.

In particolare, l’art. 2, comma 1, della legge in questione – che oggi deve intendersi sostituito dalla previsione dell’art. 1120, comma 2, c.c. – ha previsto delle maggioranze inferiori a quelle ordinariamente necessarie per approvare interventi di natura innovativa, proprio allo scopo di renderne più semplice l’approvazione.

In questa sede occorre però evidenziare come il comma 2 del menzionato art. 2 della legge n. 13/89 preveda ulteriormente che nel caso in cui il condominio rifiuti di assumere, o non assuma entro tre mesi dalla richiesta fatta per iscritto, la deliberazione finalizzata all’abbattimento di una barriera architettonica, i soggetti diversamente abili, ovvero chi ne esercita la tutela o la potestà, possano installare, a proprie spese, servoscala o strutture mobili e facilmente rimovibili e possano anche modificare l’ampiezza delle porte d’accesso, al fine di rendere più agevole l’ingresso agli edifici, agli ascensori e alle rampe dei box.

Nella specie, come evidenziato dal Tribunale di Novara, il dubbio maggiore era quindi rappresentato dal fatto che l’ascensore potesse essere qualificato come una struttura mobile e facilmente rimovibile.

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Tuttavia lo stesso Tribunale di Novara ha evidenziato come la giurisprudenza di legittimità si sia espressa ormai più volte sul fatto che l’impianto di ascensore finalizzato alla eliminazione delle barriere architettoniche debba essere annoverato fra quelli indispensabili per l’effettiva abitabilità dell’appartamento e che, di conseguenza, ove il condominio non dia il via libera alla realizzazione dell’intervento, possa provvedervi anche il singolo condomino interessato, assumendone integralmente le spese, utilizzando le parti comuni a norma e nei limiti di cui all’art. 1102 c.c. (Cass. civ. n. 7752/95, n. 14096/2012, n. 7938/2017).

In particolare, il Tribunale di Novara ha richiamato un precedente di legittimità (Cass. civ. n. 6129/2017) nel quale, in un caso simile a quello oggetto di causa, era stata cassata la sentenza di secondo grado che aveva ritenuto l’illegittimità della costruzione dell’ascensore da parte del condomino disabile insistente su parte di aree comuni proprio sul presupposto che l’impianto di ascensore sarebbe stato manufatto diverso dal servoscala o, comunque, da struttura mobile e facilmente amovibile e perciò non sarebbe rientrato nel disposto dell’art. 2, comma 2, della legge n. 13/89.

La decisione del Tribunale di Novara.

Sulla base di quanto sopra, il Giudice piemontese ha ritenuto che il disposto dell’art. 2, della legge n. 13/89, debba essere interpretato nel senso che la costruzione dell’ascensore – a patto che l’impianto sia indispensabile per poter godere del proprio appartamento – rientri fra le opere che il singolo condomino portatore di disabilità può realizzare a spese proprie, in conformità al disposto del comma secondo di tale articolo.

Diversamente, dovrebbe infatti ritenersi che tale norma, a dispetto del proprio scopo, stabilirebbe una disciplina più restrittiva di quella prevista in via generale dall’ordinamento con l’art. 1102 c.c..

Nel caso concreto, autorizzata una consulenza tecnica d’ufficio – la quale aveva evidenziato l’impossibilità oggettiva di realizzare un servoscala e aveva confermato la fattibilità del progetto presentato dalla coppia di condomini, escludendo problemi dal punto di vista statico e del decoro architettonico dell’edificio (limiti dei quali occorre comunque tenere conto, giusto quanto previsto dall’art. 1120 c.c.) e considerando che lo stesso garantisse un equo contemperamento fra l’interesse di questi ultimi e quelli della restante compagine condominiale – il Tribunale ha quindi accolto la domanda della coppia di condomini.

Il Giudice ha infatti evidenziato come l’edificio condominiale, senza subire danni sotto il profilo estetico e con inconvenienti ridotti al minimo, sotto il profilo della riduzione di spazi e delle mura da abbattere, avrebbe anzi subito un beneficio sotto il profilo dell’aumento di valore.

In ogni caso, nell’ottica di una doverosa prospettiva di bilanciamento di interessi orientata alla solidarietà condominiale, la soluzione in questione risultava imposta dalla circostanza che non risultavano fattibili altre tipologie di interventi per garantire ai condomini una piena libertà di movimento da e per il proprio appartamento.

Da evidenziare, infine, come il Tribunale di Novara abbia accolto la domanda di declaratoria della nullità della delibera condominiale che si era espressa in senso contrario alla realizzazione dell’impianto di ascensore, in quanto assunta su un oggetto non rientrante nei poteri dell’assemblea.

Infatti, si legge nella sentenza, se quest’ultima può essere legittimamente chiamata a esprimersi circa la realizzazione a spese del condominio degli interventi necessari al superamento delle barriere architettoniche , deve al contrario ritenersi che esuli totalmente dalle proprie attribuzioni l’inibizione al singolo condomino dell’esercizio dei diritti che lo stesso ritenga spettargli a norma dell’art. 2 della legge n. 13/89 e dell’art. 1102 c.c..


Da Condominio Web-1 mar 2020

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