PADOVA – La squadra giovanile di basket in carrozzina scelta dall’Università per progettare insieme un parco senza barriere architettoniche. Le “Iene”, giovanissimi campioni d’Italia, dopo aver vinto l’ultimo scudetto giovanile lo scorso anno, non hanno potuto difendere fino in fondo il loro titolo: anche il loro campionato a causa del coronavirus è stato annullato e sono ancora in attesa di poter riprendere la loro attività al palasport di casa di Piombino Dese. Ma i ragazzini della Studio3A Millennium Basket e i loro genitori hanno intanto la soddisfazione di essere stati scelti per collaborare ad un progetto di ricerca avviato dall’Università di Padova con il Gruppo L’Incontro, consorzio di cooperative sociali che si prende cura di persone con disabilità, occupandosi del loro inserimento lavorativo, e che collabora a sua volta con l’Ateneo nello sviluppo di progettualità e tecnologie per migliorare la qualità della vita dei soggetti più fragili e bisognosi di attenzione.
Il progetto “Ship” mira a realizzare un parco altamente accessibile
per utenti con svariati livelli di disabilità motorie, sensoriali,
come gli ipovedenti, e cognitive. La ricerca si svolge con l’approccio del
cosiddetto “design partecipativo” ed è qui che entrano in gioco le “Iene”. I
giovani cestisti della società patavina sponsorizzata da Studio3A, studieranno
con i ricercatori universitari quali siano le difficoltà che incontrano
nei parchi pubblici e quali siano le loro esigenze e i
loro desideri per renderli “a misura” anche di quanti sono
costretti in sedia a rotelle.
Alla fine del progetto la squadra campione d’Italia farà
un sopralluogo nel parco individuato per la sperimentazione.
LO SGUARDO GIUSTO
«Una proposta che abbiamo accolto con entusiasmo – spiega il loro
allenatore Jacopo Da Villa – è un piacere partecipare a questo
bel progetto ed essere in qualche modo gli “occhi” dei ricercatori
dell’Università. Spesso, infatti, nel mondo della disabilità ci si rende conto
che nel progettare manca proprio lo “sguardo giusto”. Non basta rispettare ciò
che prescrive la normativa, ma bisogna calarsi nelle reali necessità della
persona disabile per realizzare qualcosa di adeguato. Porsi questo problema,
prima di iniziare un’opera, è la strada giusta per elaborare una città
accessibile a tutti, pensata e condivisa e per vedere la disabilità non come un
limite foriero di emarginazione, ma come una diversità ricca di sfumature, da
valorizzare e custodire».
Da Il Gazzettino-11 ore fa
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