Oggi solo un istituto su 3 è accessibile a chi ha una disabilità motoria: mancano gli ascensori, mancano le rampe e mancano i bagni a norma. Alle elementari e alle medie, sottolinea l’Istat, le disabilità più frequenti sono invece quelle intellettive, per le quali serve personale altamente competente, che però non c’è. Il 36% degli insegnati di sostegno non è specializzato per prendersi cura di questi alunni, in palese contrasto con quanto previsto dalla 104 e ribadito dalla legge 107/2015
Sedie e banchi con le rotelle, scuole nei container, nei musei, nelle aule del catechismo, in giardino, in palestra. Le regole di distanziamento fisico imposte dall’emergenza Coronavirus obbligano le 55 mila scuole italiane ad un diverso utilizzo degli spazi. Le opzioni sul tavolo, però, sembrano tutte (o quasi) dimenticare le esigenze, i bisogni e i diritti dei 284 mila alunni con disabilità. Non sono pochi: il 3,3% del totale degli iscritti. E i numeri sono in aumento: nell’anno scolastico 2018 /2019 sono stati 10 mila in più. «Tale incremento è imputabile sia a una maggiore riconoscibilità, rispetto al passato, di alcune patologie sia a un più diffuso accesso alle certificazioni, scrive l’Istat nel suo ultimo rapporto. (link https://www.istat.it/it/files/2020/02/Alunni-con-disabilita-2018-19.pdf )
Troppe
barriere architettoniche
Partiamo da un dato, che già da solo, appare drammatico: ad oggi solo il 34%
degli edifici è accessibile agli alunni con disabilità motoria. La
situazione appare migliore nel Nord del Paese (38% di scuole a norma) mentre
peggiora nel Mezzogiorno (29%): la Campania solo il 24 è privo di barriere
fisiche.
La mancanza di un ascensore o la presenza di un ascensore non adatto al
trasporto delle persone con disabilità rappresentano le barriere più diffuse
(46%). Frequenti sono anche le scuole sprovviste di rampe per il superamento di
dislivelli (33%) o bagni a norma (29%). Significa che se un alunno o
un’alunna con disabilità ha bisogno di fare pipì occorre chiamare bidelli e
insegnanti (che in teoria non potrebbero lasciare l’aula) affinché lo/la
sorreggano. Oppure lui/lei non può andare a scuola.
Nonostante si rilevi ancora un grave ritardo del livello di accessibilità, negli anni precedenti soltanto il 15% delle scuole ha effettuato lavori finalizzati all’abbattimento delle barriere architettoniche. Eppure l’accessibilità dello spazio, la presenza e la fruibilità di tecnologie adeguate, il sostegno di figure competenti opportunamente formate, giocano un ruolo fondamentale nel favorire la partecipazione degli alunni a una didattica inclusiva.
Enormi
difficoltà per chi ha disabilità cognitive o sensoriali
In Italia appena il 2% delle scuole dispone di tutti gli ausili
senso-percettivi destinati a favorire l’orientamento all’interno del plesso e
solo il 18% delle scuole dispone di almeno un ausilio. Tradotto in parole
semplici, significa che se una bambino o un bambino sono ipovedenti possono
scordarsi di muoversi autonomamente.
Ma il problema della scuola non si limita all’accessibilità: problema
che potrebbe essere superato con un corposo investimento economico e
strutturale. Alle elementari e alle medie, sottolinea l’Istat, le disabilità
più frequenti sono quelle intellettive (42% degli studenti con sostegno, per lo
più maschi), seguono i disturbi dello sviluppo (26,4%), meno diffusi i problemi
sensoriali (8%). Per loro serve personale altamente competente, che però non
c’è.
Insegnanti
di sostegno improvvisati
Nell’anno scolastico 2018/2019, gli insegnanti per il sostegno nelle scuole
italiane sono stati quasi 173 mila (fonte MIUR). A livello nazionale il
rapporto alunno-insegnante (pari a 1,6 alunni ogni insegnante per il sostegno)
è migliore di quello previsto dalla Legge 244/2007 che prevede un valore pari
2, ma in palese contrasto con quanto previsto dalla legge 104 e ribadito dalla
legge 107/2015 , quella della “Buona scuola”.
Mancano gli insegnanti specializzati: il 36% dei docenti per il sostegno
viene selezionato dalle liste curriculari e non ha alcuna formazione specifica
per supportare al meglio l’alunno con disabilità. Al Nord la quota di
insegnanti curriculari che svolge attività di sostegno è pari al 47%. Cose sia
possibile tutto ciò? https://www.miur.gov.it/diventare-docente-nella-scuola
Semplice: anche chi non è in possesso dell’abilitazione o della
specializzazione può mandare al dirigente scolastico una MAD, una domanda di Messa
a Disposizione. E se gli alunni con disabilità sono scoperti e la scuola ha
necessità, il dirigente può affidare incarichi di supplenza su posti di
sostegno anche a chi non possiede i titoli. Drammatico.
Sconosciute
le tecnologie e inaccessibili le postazioni
Anche la formazione in tecnologie educative, fondamentale per l’utilizzo
corretto della strumentazione a supporto della didattica, risulta ancora poco
diffusa: nel 12% delle scuole italiane nessun insegnante per il sostegno ha
frequentato un corso specifico per l’utilizzo appropriato delle tecnologie a
supporto della didattica, nel 64% delle scuole soltanto alcuni docenti hanno
frequentato corsi, mentre nei restanti casi (24%) tutti gli insegnanti hanno
frequentato almeno un corso.
Ad aprile il MIUR aveva detto che erano in arrivo altri 80 milioni da risorse
PON per l’acquisto di pc e tablet nelle scuole del I ciclo. Positivo, se non
fosse poi che una scuola su quattro risulta priva di postazioni informatiche
adattate alle esigenze degli alunni con disabilità.
Edifici che
hanno anche 100 anni
Infine l’ultimo dato: oltre la metà delle scuole italiane ha più di 45 anni.
Una percentuale minore, ma non residua, ha oltre un secolo di vita. A
ricordarlo è un report dell’ Osservatorio Povertà educativa minorile
Conibambini che, insieme ad Openpolis, https://www.conibambini.org/lo-stato-delledilizia-scolastica-in-vista-del-rientro-a-settembre/
sta realizzando un focus sullo stato dell’edilizia scolastica in vista del
rientro degli studenti nelle scuole a settembre.
Il problema, quindi, impone di non limitarsi a opere di edilizia leggera.
In Liguria circa il 20% del patrimonio edilizio scolastico è stato costruito
prima del 1920, in Piemonte il 16% e attorno al 10% in Lombardia, Valle
d’Aosta, Emilia-Romagna, Toscana e Friuli Venezia Giulia.
Da Vita 30 luglio 2020
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