«Assolutamente insufficiente a garantire il soddisfacimento delle minime esigenze vitali della persona con invalidità»: lo si legge in un’Ordinanza prodotta dalla Corte d’Appello di Torino e recentemente pubblicata in Gazzetta Ufficiale, a proposito della misura della pensione di invalidità civile. Sulla costituzionalità di tale aspetto e anche su quella riguardante il mancato riconoscimento dell’incremento della maggiorazione sociale, per i percettori di pensione di invalidità con meno di 60 anni, dovrà pronunciarsi dunque la Corte Costituzionale.
Come si può leggere nella testata «PensioniOggi.it», dovrà essere la Corte
Costituzionale a pronunciarsi sulla legittimità della misura della pensione di
invalidità civile per le persone con invalidità totale, oltreché sulla mancata
concessione del beneficio del cosiddetto “incremento al milione”, maggiorazione
sociale introdotta dalla Legge 448/01 (articolo 38), che spetta ai pensionati
ultrasettantenni titolari di prestazioni previdenziali e assistenziali il cui
importo risulti inferiore al milione delle vecchie lire. In questo caso la
pronuncia della Consulta dovrà valutare la legittimità del negare quella
maggiorazione ai percettori di pensione di invalidità con età inferiore ai 60
anni.
A stabilirlo è stata la Corte d’Appello di Torino tramite l’Ordinanza n. 240
prodotta il 3 giugno dello scorso anno e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
dell’8 gennaio scorso.
Come detto, i Giudici hanno ravvisato due elementi di incostituzionalità, sui
quali hanno chiesto appunto la pronuncia della Corte Costituzionale. Per quanto
riguarda la misura della pensione di invalidità civile, essi l’hanno giudicata
come assolutamente insufficiente a garantire il soddisfacimento delle minime
esigenze vitali della persona con invalidità. «L’importo – si legge infatti
nell’Ordinanza – […] non è certamente sufficiente, per comune esperienza, a
garantire all’invalido il soddisfacimento dei più elementari bisogni della
vita, come alimentarsi, vestirsi e reperire un’abitazione». «Lo stesso assegno
sociale – si legge ancora -, che può costituire un parametro di riferimento per
i normodotati, è fissato in misura più favorevole rispetto alla pensione di
inabilità civile».
L’assegno sociale, lo ricordiamo, è quella prestazione assistenziale che
prescinde dal versamento dei contributi e che viene erogata in favore di persone
in condizioni economiche disagiate.
Nello specifico, dunque, la questione sollevata dai Giudici torinesi riguarda
innanzitutto l’articolo 12, comma 1 della Legge 118/71 (Conversione in legge
del D.L. 30 gennaio 1971, n. 5, e nuove norme in favore dei mutilati ed
invalidi civili), nella parte in cui attribuisce al soggetto totalmente
inabile, affetto da gravissima disabilità e privo di ogni residua capacità
lavorativa, una pensione di inabilità di importo pari, nell’anno 2019, ad euro
285,66, «insufficiente a garantire il soddisfacimento delle minime esigenze
vitali, in relazione agli articoli 3, 38, comma 1, 10, comma 1, e 117, comma 1,
della Costituzione [si veda anche il box in calce, N.d.R.]».
E anche il già citato articolo 38 (comma 4) della Legge 448/01, nella parte in
cui subordina il diritto degli invalidi civili totali, «affetti da gravissima
disabilità e privi di ogni residua capacità lavorativa, all’incremento previsto
dal comma 1 al raggiungimento del requisito anagrafico del 60° anno di età, in
relazione agli articoli 3 e 38, comma 1, della Costituzione». (S.B.)
Ringraziamo per la segnalazione Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo
Giuntinelli, Peccioli (Pisa).
La Costituzione Italiana.
– Articolo 3: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali
davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di
religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e
sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini,
impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione
di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del
Paese.
– Articolo 38, comma 1: Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi
necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale.
Superando.it del 14.02.2020
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